Un articolo del Resto del Carlino uscito ieri consente di fare il punto sull’andamento dell’inquinamento atmosferico a Ravenna nell’anno appena trascorso. Già il titolo, purtroppo, dà la dimensione del problema: “Qualità dell’aria: il lockdown non è bastato. Nonostante due mesi di chiusura totale e altrettanti di coprifuoco, le Pm10 (polveri sottili) hanno superato i valori minimi 40 volte”. Ne riportiamo alcuni stralci (di seguito l’articolo integrale).
“Due mesi di lockdown e altrettanti di coprifuoco notturno non hanno migliorato la qualità dell’aria. Che a Ravenna, nel 2020, ha addirittura subito un netto peggioramento rispetto al 2019 e al 2018. Nell’anno appena terminato le giornate in cui il livello di Pm10 ha superato i limiti di legge (fissato a 50 microgrammi per metro cubo) sono state infatti 58, ben oltre il limite massimo di 35 giornate all’anno. A registrare il dato la centralina Arpae posta in via Zalamella. […] Le Pm10, il particolato così chiamato in quanto composto da particelle dal diametro non superiore ai 10 millesimi di millimetro, capaci per questo motivo di penetrare in profondità nei polmoni, non hanno insomma interrotto la loro corsa. […] Ad eccezione di un picco fra 28 e 30 marzo (quando le Pm10 per due giorni sfondarono quota 100 microgrammi per metro cubo, soglia che non veniva toccata da tre anni), tutte le altre giornate oltre i limiti sono concentrate fra inizio novembre e il 23 dicembre. Il coprifuoco, la chiusura delle scuole, le varie giornate in zona arancione e rossa e l’ancora massiccio ricorso allo smartworking non hanno rallentato l’accumulo delle Pm10”.
Noi di Ravenna in Comune già nel nostro programma per le elezioni del 2016 scrivevamo: “La tutela dell’ambiente è oggi una delle priorità per il futuro della vita stessa dell’uomo. Ravenna in comune vuole partire da alcune priorità urgenti: La qualità dell’aria di Ravenna e dei centri abitati non raggiunge livelli accettabili, sia per ragioni legate all’industria, che al sistema dei trasporti, che all’agricoltura. Lo scopo è raggiungere livelli di emissioni rispettose della salute delle cittadine e dei cittadini. Lo sviluppo e l’armonizzazione dei trasporti pubblici è strategica in tal senso”.
Il 16 luglio 2019 il Consiglio Comunale ha approvato una dichiarazione di emergenza climatica risultato di un compromesso tra le proposte ambientaliste e le forze di maggioranza, con il voto favorevole di Ravenna in Comune, proprio perché credevamo che quel compromesso fosse un modo pragmatico per iniziare a lavorare concretamente. Nei mesi passati avevamo proposto l’elettrificazione delle banchine del porto proprio per evitare che le navi attraccate mantenessero i motori accesi andando a peggiorare la qualità dell’aria e anche qui trovammo un compromesso nella speranza di veder concretizzata almeno una proposta concreta di intervento. Al momento della stesura del PUMS, per stimolare l’utilizzo dei mezzi pubblici “puliti” diminuendo la quantità di auto private, proponemmo di inserire, come obiettivo a medio termine, la possibilità di gratuità del trasporto pubblico di tutti i cittadini; anche qui accettammo un compromesso alla nostra proposta, in modo da sperare di avviare il prima possibile una discussione concreta. Tre piccoli grandi esempi di come, in questi anni, abbiamo contestato le scelte su queste tematiche portando sempre soluzioni e/o proposte alternative e cercando modalità condivise (naturalmente al ribasso delle nostre richieste) con la maggior parte dei consiglieri comunali per portare avanti le nostre idee. Tre piccoli grandi esempi di come, ad oggi, nulla di quello da noi proposto sia stato portato avanti tradendo la nostra fiducia e rendendo vana l’attività che come consigliere comunale ho portato avanti assieme ai miei colleghi.
Massimo Manzoli
Capogruppo Ravenna in Comune
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Qualità dell’aria: il lockdown non è bastato. Nonostante due mesi di chiusura totale e altrettanti di coprifuoco, le Pm10 (polveri sottili) hanno superato i valori minimi 40 volte
Due mesi di lockdown e altrettanti di coprifuoco notturno non hanno migliorato la qualità dell’aria. Che a Ravenna, nel 2020, ha addirittura subito un netto peggioramento rispetto al 2019 e al 2018. Nell’anno appena terminato le giornate in cui il livello di Pm10 ha superato i limiti di legge (fissato a 50 microgrammi per metro cubo) sono state infatti 58, ben oltre il limite massimo di 35 giornate all’anno. A registrare il dato la centralina Arpae posta in via Zalamella (appartenente alla tipologia ’traffico urbano’), mentre quella di via Caorle (che a differenza della prima è di tipo ’fondo urbano’) e quella di Cervia (suburbana) si sono fermate rispettivamente a quota 40 e 36 giornate. Meno, è vero. Ma anch’esse dunque oltre il limite di 35.
Le Pm10, il particolato così chiamato in quanto composto da particelle dal diametro non superiore ai 10 millesimi di millimetro, capaci per questo motivo di penetrare in profondità nei polmoni, non hanno insomma interrotto la loro corsa. Le giornate ’incriminate’ sono concentrate soprattutto nei mesi di gennaio, febbraio, novembre e dicembre. Venticinque di queste si erano accumulate già entro il 24 febbraio, data oltre la quale, come dimostrano i grafici, la qualità dell’aria migliora repentinamente: non a caso risale a quel giorno la chiusura delle scuole, che ha ad esempio azzerato il traffico in direzione degli istituti, mentre pochi giorni dopo, nei primi di marzo, calò la scure del lockdown. Ad eccezione di un picco fra 28 e 30 marzo (quando le Pm10 per due giorni sfondarono quota 100 microgrammi per metro cubo, soglia che non veniva toccata da tre anni), tutte le altre giornate oltre i limiti sono concentrate fra inizio novembre e il 23 dicembre. Il coprifuoco, la chiusura delle scuole, le varie giornate in zona arancione e rossa e l’ancora massiccio ricorso allo smartworking non hanno rallentato l’accumulo delle Pm10. Che figurano sopra i limiti di legge nella stazione di rilevazione situata al porto (deputata a misurare le emissioni delle industrie, che del resto non hanno fermato la loro attività), dove i superamenti sono stati 69, ma addirittura in quella collocata alla Rocca Brancaleone: perfino a due passi dal centro storico gli sforamenti sono stati 47. La situazione è nettamente peggiorata rispetto al 2019, ma in particolare se paragonata al 2018.
Quelli che nei fatti sono stati quattro mesi di limitazioni agli spostamenti, e dunque al traffico, si sono rivelati insufficienti per migliorare la qualità dell’aria inalata dai ravennati. Note dolenti anche per quanto riguarda l’ozono – responsabile di irritazioni all’apparato respiratorio – per il quale sono stati mancati i valori-obiettivo (calcolati in base alle medie mobili su 8 ore, che non devono superare i 120 microgrammi per metro cubo: soglia da non valicare per più di 25 volte all’anno come media sul triennio): la stazione di via Caorle ha registrato 30 sforamenti annui, quella di Faenza 27. Che le misure messe in campo finora da governi e amministrazioni siano state tutt’altro che draconiane lo conferma la Corte di giustizia dell’Unione europea, che l’anno scorso ha condannato l’Italia per «non aver adottato a partire dall’11 giugno 2010 misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per il Pm10». Nell’area che comprende la Romagna, Ferrara e Bologna, come in altre tredici parti del paese, dal 2008 sono superati «in maniera sistematica e continuata i valori di concentrazione di Pm10», si legge nella sentenza, che fa notare come il superamento sia «tuttora in corso».
Filippo Donati
Fonte: Il Resto del Carlino del 7 gennaio 2021