Magneti Marelli, la grande industria fatta sulla pelle degli “ultimi”.
Il caso tornato alla ribalta ieri vede 4 dirigenti della Magneti Marelli indagati perché avrebbero costretto un’operaia dello stabilimento di Crevalcore, che si era ferita con un trapano industriale mentre stava lavorando, a mettersi in malattia e a riferire di essersi fatta male a casa. Tutto ciò per tutelare il nome dello stabilimento crevalcorese e per non perdere il premio di produzione. L’operaia vittima di infortunio aveva addirittura rischiato il licenziamento dopo che 4 manager della Magneti Marelli le avevano chiesto di mentire sull’infortunio.
Non è la prima volta che Magneti Marelli finisce nell’occhio del ciclone. Tra le più eclatanti nel 2016, durante uno sciopero, due dirigenti arrivarono in macchina, uno a pochi minuti di distanza dall’altro, e investirono tre operai fermi davanti ai cancelli ferendo due di loro in modo piuttosto serio. O, ancora prima, nel 2012, quando arrivarono le condanne dei tribunali per condotte antisindacali.
Dietro al grande nome si nascondono queste storie e vicende di sfruttamento, i tentativi di nascondere infortuni e mancanze per mostrare una grande azienda “tirata a lucido” e ottenere premi produzione. E dietro al grande nome, poi, spesso si nascondono protocolli e codici etici, splendidi sulla carta, ma che, nella realtà, vedono l’aumento sconsiderato delle forniture da Paesi in cui non esiste alcuna tutela dei lavoratori, a scapito dei piccoli fornitori italiani che vengono strozzati o abbandonati.
Queste grandi aziende di facciata, magari, prendono sovvenzioni e grandi fondi pubblici, utilizzandoli (come dimostrano le vicende di questi anni) per farsi “belli” sulla pelle dei lavoratori e dei fornitori.
Magneti Marelli è un solo esempio, ma quante aziende esistono così anche nei nostri territori?
Massimo Manzoli
Capogruppo Ravenna in Comune
[nell’articolo da Bolognaindiretta riportiamo la vicenda che ci ha stimolato alla riflessione]
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Lavoro non in sicurezza in una multinazionale, denunciati 4 responsabili d’azienda
CREVALCORE (Bologna) – I Carabinieri di Crevalcore hanno denunciato quattro responsabili d’azienda, tutti italiani, tra i 40 e i 50 anni nell’ambito di un’indagine, coordinata dalla Procura, scattata quando un’operaia 43enne, anche lei italiana e residente nel comune della bassa bolognese, ha denunciato ai militari di essersi gravemente ferita a una mano mentre stava lavorando con un trapano industriale non a norma, nello stabilimento di una multinazionale attiva nel settore metallurgico, sempre a Crevalcore . Informati dell’accaduto, tre dei quattro responsabili l’avrebbero subito costretta a mettersi in malattia e a inventarsi un incidente domestico per non compromettere il nome dello stabilimento, che da lì a poco avrebbe ricevuto la visita di alcuni ispettori inviati dalla casa. La donna, inizialmente rassicurata dalle promesse di tutela, aveva accettato, ma poi si è resa conto di essere stata abbandonata: stava per essere licenziata per aver superato i giorni di malattia (quasi un anno) dovuti all’impossibilitata di recuperare il funzionamento dell’arto lesionato. La versione della vittima è stata confermata dai militari, che durante un’ispezione all’interno dello stabilimento hanno verificato la presenza di macchinari da lavoro irregolari, come quello utilizzato dall’operaia. In base alle mansioni svolte nello stabilimento e alle responsabilità accertate nella vicenda, i quattro soggetti sono stati indagati, a vario titolo, per estorsione, lesioni personali colpose, omessa valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro e omessa formazione dei lavoratori in materia di sicurezza sul lavoro.
Gabriele Morelli
Fonte: Bolognaindiretta del 5 novembre 2020