«Rossi replica a Manzoli: “Il progetto di hub portale è una grande opportunità per Ravenna”. Il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico centro settentrionale, Daniele Rossi, risponde alla provocazione lanciata dal capogruppo di Ravenna in Comune Massimo Manzoli nei giorni scorsi». Così ha titolato RavennaToday la nota trasmessa dal Presidente dell’ente porto ravennate dopo che, come Ravenna in Comune, avevamo reso noto quanto messo in bocca allo stesso Rossi dalla stampa specializzata nel corso di un convegno organizzato dal suo collega di Venezia.
In quell’occasione Rossi aveva detto (come testualmente riferito da Ship2shore): «Non ha senso che ogni porto faccia tutto, bisogna individuare delle specificità e puntare su quello. Ad esempio mi chiedo: avrebbe senso, da parte mia, rilasciare una concessione per un grande terminal container?».
Ci eravamo prontamente schierati al suo fianco, visto che è da tempo la nostra posizione: «Una affermazione che sa di pietra tombale sul progetto hub portuale di Ravenna. A questo punto torniamo a chiedere cosa dovrebbe servire quel chilometro di nuove banchine con correlati metri cubi di fanghi da estrarre che, per l’appunto, sarebbero in progetto proprio per il nuovo grande terminal container. Forse alla fine Rossi si è accorto anche lui che, ammesso e non concesso servano a qualcosa nel futuro, meglio sarebbe spostare quelle banchine e il problema di smaltire i relativi fanghi alla seconda (lontana) fase. Del resto, nessun investimento risulta nel bilancio di chi possiede i terreni retrostanti le banchine, cioè Sapir. Dunque, meglio risparmiare risorse economiche per qualcosa di utile, come ad esempio l’elettrificazione delle banchine, piuttosto che costruire banchine utili solo per incrementare i valori dei terreni deserti di Sapir. Comprensibile, del resto, che Sapir non investa in un terminal container destinato a rimanere vuoto, in mancanza di fondali adeguati ad attrarre un naviglio con pescaggio importante per impossibilità naturali (fuori dalle dighe non si può scavare e sperare che il buco non si riempia subito!). Per giunta con il terminal container che già possiede (Tcr) lontano dal raggiungimento dei quantitativi potenzialmente movimentabili per i quali è stato a suo tempo costruito».
Poiché, d’altra parte, Rossi ci ha abituato ad affermazioni perentorie e seguite da pronti dietro-front, avevamo però concluso ponendo la domanda: «è veramente d’accordo con noi, signor presidente?».
Difatti, stando alla nota diffusa, anche questa volta Rossi è stato costretto a ribaltare quanto precedentemente affermato:
«Nei giorni scorsi, in occasione di un convegno sul tema delle concessioni demaniali, al quale ho partecipato nella veste di Presidente dell’Associazione dei Porti Italiani (ASSOPORTI), parlando della opportunità che ogni porto trovi una specializzazione che lo possa caratterizzare e rendere omogeneo con il contesto territoriale di riferimento, ho espresso le mie perplessità di fronte alle ambizioni che stanno proliferando in gran parte dei porti italiani di avere terminal containers di dimensioni gigantesche capaci di movimentare milioni di containers e che come presidente del porto di Ravenna sarei stato perplesso di fronte ad una richiesta di concessione demaniale di questa portata. Ovviamente questo ragionamento non è riferibile in alcun modo al Progetto “Hub Portuale di Ravenna”, che prevede la realizzazione di un nuovo terminal di dimensioni sostenibili, in una posizione logistica ottimale e con adeguati fondali, che consentirà, tra l’altro, di raddoppiare i volumi gestiti dal porto dagli attuali 220mila teus sino a 450mila teus. È un quantitativo significativo per Ravenna, ma ben lontano da ambizioni gigantesche e che di sicuro non turba gli equilibri logistici nel Mediterraneo, oltre ad essere un risultato raggiungibile in tempi ragionevolmente brevi (Covid permettendo)».
Prendiamo atto di quest’ultima rettifica, come detto ci siamo abituati (la penultima era stata la retromarcia dopo aver scoperto che anche nel porto di Ravenna, come da noi segnalatogli, c’era un deposito di nitrato di ammonio, per lui assente dal nostro Paese). Ce ne rammarichiamo, ovviamente, restando convinti dell’inutilità di quella parte del “progettone” che riguarda le banchine per un nuovo terminal container, posizione la nostra ora rafforzata dal crollo della globalizzazione dei traffici, già iniziato pre-pandemia e confermata nelle previsioni avanzate dal Wto alla luce degli ultimi avvenimenti.
Con l’occasione, peraltro, senza pretendere che Rossi ricambi idea, ci sembra utile rettificare alcuni dei presupposti da lui citati a presunta riprova della validità della decisione di sprecare risorse (per come la vediamo noi) in un chilometro di banchine dedicate ai container.
Facciamo riferimento, in particolare, al fatto che il nuovo terminal sia indispensabile per «raddoppiare i volumi gestiti dal porto dagli attuali 220mila teus sino a 450mila teus». Infatti, se per volumi gestiti si dovessero intendere i container movimentati nel 2019, il numero sarebbe corretto ed anzi abbondante. Sono stati infatti pari a 218.138 teus. Anzi, se dovesse persistere l’attuale andamento percentuale in negativo rispetto allo scorso anno, a fine 2020 ci dovremmo attestare sotto i 194.000 teus. Discorso diverso, ovviamente, riguarda l’attuale capacità di gestire i traffici di container da parte dei due principali operatori del porto di Ravenna: TCR e Setramar. Infatti il primo ha già ora una capacità di gestione pari a 380.000 teus l’anno, mentre il secondo dichiara una capacità di movimentare sino a 100.000 container l’anno (ricordiamo che la maggior parte dei container ha lunghezze standard di 20 o di 40 piedi: un container da 20 piedi (6,1 m) corrisponde a 1 teu, un container da 40 piedi (12,2 m) corrisponde a 2 teu). Il record nella movimentazione dei container nel porto di Ravenna è stato raggiunto nel 2015 con 244.813. Anche se dovessimo ritornare agli stessi livelli, il solo TCR avrebbe ancora una sovracapacità di circa 100.000 teus!
Per raggiungere la capacità già oggi disponibile, poi, Rossi dichiara che il nuovo terminal potrà contare su «adeguati fondali». Giova ricordare che la prima fase dei lavori, sempre che inizi, dovrebbe portare a raggiungere entro il 2030 quota -12,50 m. Rispetto all’utilità di questo traguardo nello specifico dei container riportiamo il parere di Gian Paolo Monduzzi (intervistato da Ravenna&Dintorni lo scorso dicembre), spedizioniere e fondatore dell’agenzia Seamond che è specializzata nel traffico container: «Di quote si è parlato molto negli anni passati: a lungo si è sognato di arrivare a 14,5 metri, per poi scendere a 12,5 metri che – dal punto di vista commerciale – non è molto diverso dagli 11,5 metri. Questa quota garantirebbe già una buona operatività e una tranquillità agli operatori ma il punto sta nella capacità di mantenerla. Ripeto, però: il traffico container dipende moltissimo dalla situazione internazionale e, per inciso, questo non è il migliore dei momenti. Non credo serva un nuovo terminal container, per il traffico che c’è in questo momento basta l’attuale area TCR che lavora a metà della sua potenzialità. Il nostro rimarrà un porto per i “feeder” e in questo senso può interessare agli investitori». Del resto era stata chiara anche la vicepresidente di TCR, Cecilia Battistello (intervistata da PortoRavennaNews nell’ottobre 2017), presidente di quel gruppo Contship che è in società con SAPIR in TCR e parte di Eurokai-Eurogate, leader europeo nella logistica dei container: «Il Gruppo Contship in passato ha già dichiarato in modo molto chiaro la sua posizione in merito al progetto di sviluppo del porto. Contship, con il suo azionista di riferimento Eurokai, ha richiesto la condizione che ci siano almeno 14,5 m. di pescaggio in modo da poter attrarre navi da 8000/8500 teus. Diversamente, ogni altra ipotesi di sviluppo si trasformerà in uno spreco di risorse e un’inutile perdita di tempo. Sono già stati persi molti anni». Giova ricordare che 14,5 metri di pescaggio non corrispondono ai 14,5 metri di fondali previsti dalla cosiddetta seconda fase del “progettone” che inizierà (forse) dopo il 2030. Il pescaggio riguarda la nave, per cui per consentire l’accesso ad un naviglio che “pesca” sino a 14,5 metri occorre un fondale posto almeno a -15,5 metri. Oggi fuori dalle dighe ci sono circa 12 metri di profondità ed il progettato nuovo terminal potrebbe accogliere al massimo navi da 4.500 teus…
Infine, l’ultimo aspetto riguarda la effettiva «realizzazione di un nuovo terminal di dimensioni sostenibili». Questo, però, non può essere garantito dall’Autorità Portuale in quanto il soggetto proprietario dei terreni su cui dovrebbe sorgere è SAPIR. E qui era stato definitivo invece il Presidente di SAPIR, l’avvocato Riccardo Sabadini, come riportava Ravenna&Dintorni dopo il Consiglio Comunale dello scorso gennaio:
“Il progetto del terminal ancora non c’è: «Di per sé non è un progetto complicato, ma vogliamo aspettare ancora perché abbiamo in mente di riuscire a creare sinergie tra ferro, gomma e container con appositi spazi comuni», ha spiegato Sabadini in conclusione rispondendo alle domande dei consiglieri comunali. Per ora quindi il «terminal multipurpose» come lo hanno definito i due manager resta sulla carta”.
Speriamo di esser stati utili a Rossi, specie se dovesse essere riconfermato alla guida dell’Autorità Portuale, ma soprattutto alla collettività: nelle condizioni sopra riportate un nuovo terminal container in penisola Trattaroli «si trasformerà in uno spreco di risorse e un’inutile perdita di tempo».
[nell’immagine da PortoRavennaNews: il rendering del “progetto” che non c’è]
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Rossi: il Progetto Hub Portuale di Ravenna prevede la realizzazione di un nuovo terminal di dimensioni sostenibili
Fonte: RavennaNotizie del 23 ottobre 2020
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Manzoli (Ravenna in Comune): “Anche per il presidente Rossi un nuovo grande terminal container non ha senso?”
Fonte: RavennaWebTv del 20 ottobre 2020
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Il cluster marittimo chiede più semplificazione anche nella Babele delle concessioni
Fonte: Ship2Shore del 16 ottobre 2020
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«Utili i dragaggi ma i container resteranno limitati per la posizione del porto». Monduzzi (fondatore agenzia Seamond): «Obiettivo 500mila teu all’anno? Il terminal attuale può farne 300mila e ancora non ci arriva»
Fonte: Ravenna&Dintorni del 2 dicembre 2019
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Navi da 8.000-8.500 Teus. Così i volumi riprenderebbero a crescere
Fonte: PortoRavennaNews del 17 ottobre 2017
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Sapir conferma il terminal container ma per il progetto si dovrà ancora aspettare