“Morte al porto, l’autopsia smentisce il malore «Fu schiacciato dal muletto del collega»”. È il titolo dell’articolo di Lorenzo Priviato pubblicato su Il Resto del Carlino di oggi. La vicenda è solo l’ultima di quelle che si caratterizzano, oltre che per il finale straziante, per l’aggiunta di una recita per far risultare la morte come un evento dovuto a fattori del tutto diversi da quelli reali. In pratica, così riporta uno stralcio dell’articolo (che comunque riproduciamo di seguito integralmente):
“Un collega raccontò di averlo visto accasciarsi sulla banchina del porto, sotto il sole di agosto. Testimonianza che inizialmente portò ad accreditare l’ipotesi del decesso per cause naturali, ma che l’esito dell’autopsia a distanza di due mesi ha clamorosamente smentito. Quell’uomo morì per un trauma da schiacciamento e trascinamento, verosimilmente ad opera del muletto guidato dallo stesso collega che col suo raccontò orientò le indagini verso il malore come causa della morte”.
Nell’articolo abbiamo il nome e l’età del lavoratore deceduto: aveva 60 anni e stava per andare in pensione. Non compare invece il nome dell’azienda, ma il luogo sì: una banchina del porto. Dunque, un luogo caratterizzato dalla possibile compresenza di più soggetti intenti ad attività diverse. Impegnati in situazioni non statiche ma in movimento, a piedi o con mezzi per il trasporto o lo spostamento di materiali. Tante le situazioni di possibile rischio, dal basso e dall’alto: ad esempio dovute alle condizioni del manto stradale su cui ci si muove o alla presenza di carichi sospesi. O sullo stesso piano, ad esempio per l’intersecarsi delle traiettorie di lavoratori e mezzi di lavoro. Come in tanti luoghi di lavoro. Sono le situazioni che possono verificarsi sia in porto che nelle fabbriche, nei piazzali come nei magazzini, ecc.
Come è accaduto al 43enne che, dopo avere passato l’ingresso di un altro terminal portuale, il 13 aprile 2017 aveva parcheggiato il mezzo pesante ed era sceso, avviandosi a piedi, verso l’addetto alle operazioni di carico. Aveva atteso il passaggio di un primo carrello elevatore senza accorgersi che un secondo mezzo carico di un coil stava transitando verso di lui. L’uomo era finito sotto le ruote, morendo sul colpo. Il primo esito processuale si è conosciuto nei giorni scorsi: un dirigente dell’azienda portuale è stato condannato in abbreviato a 10 mesi con pena sospesa, mentre il conducente del mezzo e il legale rappresentante della cooperativa alle cui dipendeva lavorava sono rinviati a giudizio.
Sono situazioni di rischio conosciute. Così come sono conosciute le modalità per evitare che la situazione di rischio potenziale si trasformi in uno dei casi che l’INAIL contabilizza come infortuni (sul lavoro o in itinere). Proprio quello che non si è fatto da parte di chi doveva quando è morto il camionista 3 anni fa, ad esempio.
Quello che c’è di diverso nella tragedia che si è rappresentata il 20 agosto scorso rispetto a quella del 2017 è “il teatrino” messo in piedi nella “recita” estiva, secondo l’ipotesi di chi indaga riferita dal giornale. Ne abbiamo già parlato: si tratta di un altro elemento che, purtroppo, rende evidente il continuo peggioramento delle condizioni in cui si lavora a Ravenna. Si susseguono notizie di illegalità nelle modalità di “ingaggio” del lavoratore, esemplificata dalla capillare diffusione del caporalato che, però, è solo la punta di un iceberg, Così come sono sempre più spesso sui giornali le frodi nel versamento di tasse e contributi; le violazioni contrattuali; nelle varie gradazioni di “nero” (perché anche il “nero” ha delle gradazioni!); le precarietà nei rapporti, ecc.
Si tratta di un contesto che consente di comprendere perché possa instaurarsi (l’ipotizzata) complicità di altri lavoratori nella “recita” rappresentata attorno alla morte di una persona. Sono soggetti deboli, anzi debolissimi, tutti i personaggi che interpretano il ruolo di lavoratore: il rischio della sicurezza, infatti, va messo assieme a quello di vedersi decurtata la busta paga, alla messa in cassa integrazione, via via in un crescendo che culmina con la possibile perdita della fonte di “reddito”. Come Ravenna in Comune chiediamo dalle istituzioni, e per prime quelle comunali, prese di posizione e azioni concrete, per quanto di competenza e possibilità, a favore dei lavoratori. Se non viene bilanciato lo strapotere dei padroni anche attraverso il sostegno delle istituzioni di rappresentanza politica del territorio non sarà certo l’aggravamento in corso dell’economia ravennate a far chiudere questi “teatrini”.
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Ravenna, 22 ottobre 2020
Morte al porto, l’autopsia smentisce il malore «Fu schiacciato dal muletto del collega»
Indagati per omicidio colposo chi guidava il mezzo e il legale rappresentante del terminal. La vittima, 60 anni, era prossima alla pensione
Aveva sessant’anni, Franco Pirazzoli, e sarebbe andato in pensione di lì a pochi giorni giorni. Un collega raccontò di averlo visto accasciarsi sulla banchina del porto, sotto il sole di agosto. Testimonianza che inizialmente portò ad accreditare l’ipotesi del decesso per cause naturali, ma che l’esito dell’autopsia a distanza di due mesi ha clamorosamente smentito. Quell’uomo morì per un trauma da schiacciamento e trascinamento, verosimilmente ad opera del muletto guidato dallo stesso collega che col suo raccontò orientò le indagini verso il malore come causa della morte. Il mulettista – difeso dall’avvocato Stefano Dalla Valle – ora è indagato per omicidio colposo, con lui lo è anche il legale rappresentante – tutelato dall’avvocato Carlo Benini – del terminal container che fu teatro della tragedia. Quell’operaio fu visto a terra e così, complici i problemi di salute di cui soffriva, e si pensò a un infarto. In buona sostanza c’è voluta l’autopsia per scoprire che aveva lesioni interne sospette e un quadro non sovrapponibile a quello di un decesso per cause naturali. La svolta la si deve a un’intuizione del Pm Cristina D’Aniello, che da subito valutò elementi di dubbio sulle cause di morte. Quel giorno, infatti, alla Procura fu data dalla Polizia portuale la comunicazione del decesso per malore di un operaio, dipendente di una ditta interinale che fornisce manodopera a un’azienda che opera nel bacino portuale. Dopo la richiesta di intervento alla centrale operativa di Romagna Soccorso, al personale medico e infermieristico delle ambulanze una volta sul posto non restò che constatare la morte e il medico del 118 confermò l’ipotesi delle cause naturali, avvalorando la tesi del malore anche perché quell’uomo aveva problemi cardiaci. Ipotesi che lasciò perplesso il pubblico ministero, che chiese comunque l’intervento della Medicina del lavoro dell’Ausl e dispose una prima ispezione esterna sul corpo, in carico all’autorità giudiziaria. E gli accertamenti alla medicina legale, pure in assenza di traumi esterni evidenti, fecero subito emergere dubbi ulteriori. È stata così disposta l’autopsia che ha attribuito a un’azione di schiacciamento, con lesione della colonna vertebrale, la causa di morte. Si trattò, dunque, di un incidente sul lavoro e non di un infarto. Le successive indagini, affidate alla Squadra Mobile della questura ravennate, hanno fatto emergere che quell’uomo – i cui familiari ora sono assistiti dall’avvocato Giovanni Scudellari – è caduto perché colpito da qualcosa che l’ha ucciso. E quel qualcosa sarebbe stato proprio il muletto del collega. Gli investigatori della Mobile hanno ascoltato i colleghi e i responsabili aziendali, mentre la Medicina del lavoro si è occupata degli aspetti inerenti il rispetto delle norme e delle procedure in materia di sicurezza sul lavoro. L’indagine è ancora aperta e altri accertamenti hanno portato ad escludere, al momento, scenari più foschi e ulteriori ipotesi di reato. Non risulta vi fossero stati screzi o problemi tra i colleghi, anzi la vittima probabilmente non si sarebbe accorto di nulla, e così probabilmente anche il conducente del muletto che lo ha investito. Lorenzo Priviato
[nell’immagine: operazione portuale presso il terminal SAPIR]
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Ravenna, aperta inchiesta sulla morte di un lavoratore al porto
Fonte: Corriere di Romagna del 22 ottobre 2020
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Ravenna, camionista travolto al porto, dirigente condannato