Sono usciti sui giornali gli esiti degli accertamenti dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Ravenna effettuati in periodo preCovid-19. Hanno interessato alcune imprese metalmeccaniche operanti nel porto di Ravenna e in altre aziende della provincia tra il 2013 e il 2019: 13 milioni di imponibile contributivo evaso e 9 milioni di contributi omessi. Dalle indagini sono emerse incongruenze nell’applicazione delle trasferte, dei rimborsi chilometrici, dei permessi ed assenze non retribuiti per come venivano registrati nelle buste paghe e nella documentazione relativa alle trasferte e alle indennità chilometriche. In moltissimi casi venivano annotati nelle buste paghe, rimborsi manipolati, viaggi di lavoro mai effettuati e trasferte simulate. In questo modo, una parte considerevole degli stipendi realmente corrisposti ai dipendenti, da assoggettare a tassazione ed ai prelievi previdenziali ed assistenziali, venivano camuffati da indennità di trasferta rimborsi chilometrici, per le quali non è invece prevista alcuna forma di ritenuta fiscale e previdenziale.
Quando è esploso il Covid-19, poi, sta saltando fuori, i padroni ne hanno approfittato per lucrare sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori. Lasciamo momentaneamente da parte quel che riguarda la sicurezza: sono la logistica e i macelli i luoghi di distribuzione del virus. Significherà qualcosa, no? Lasciamo anche da parte, visto che ne abbiamo già parlato, l’incremento perverso di mortalità e ferimenti su lavoro per “recuperare il ritardo nei guadagni”. Leggiamo sui giornali delle false dichiarazioni di crisi per pagare lavoratrici e lavoratori meno e a mezzo CIGS: dalle dichiarazioni di meno ore lavorate di quelle effettive a quelle di zero ore quando invece si lavora più di prima. Coperti dall’anonimato si leggono le numerose testimonianze di chi è stato costretto a lavorare quando in teoria era a casa. Si denuncia? No, perché prevale il timore di perdere il lavoro.
Poi tocca all’Ufficio parlamentare di bilancio, lo scorso 28 luglio, mostrare una realtà finora solo intuita. «Oltre un quarto delle ore è stato tirato da imprese che non hanno subito alcuna riduzione di fatturato», è stata l’analisi dell’Ufficio espressa in audizione. La percentuale ricavata da un confronto con i dati INPS è del 27%! Da un’indagine del Fatto Quotidiano, viene fuori che «cassa integrazione, fondi bilaterali e cassa in deroga sono state richieste finora da circa 553 mila imprese. Le ore effettivamente “tirate”, cioè realmente utilizzate, sono 536 milioni e, secondo i dati aggiornati al 13 luglio 2020 (relative ai mesi di febbraio, marzo, aprile e, parzialmente, di maggio per quanto riguarda gli anticipi delle aziende) hanno prodotto una spesa di 10 miliardi (10 miliardi e 90 milioni, per l’esattezza) di cui 5,728 miliardi corrisposti direttamente dall’Istituto e 4,362 anticipati dalle aziende. Si può quantificare in 2,7 miliardi l’ammontare di spesa che si sarebbe potuta risparmiare in presenza di un comportamento corretto».
Per guardare a “casa nostra”, in giugno in Emilia Romagna sono state autorizzate 42.220.772 ore con causale ‘emergenza sanitaria COVID-19’. Secondo la valutazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio questo vuol dire circa 11 milioni e mezzo di ore riconosciute come CIGS in un solo mese a chi non avrebbe avuto nessuna ragione per chiederla. Ma perché non approfittarne?, si devono essere detti questi “imprenditori”.
In questo contesto non può che preoccupare il cosiddetto “Patto per il lavoro” che la Regione Emilia-Romagna intenderebbe contrarre con questi stessi “imprenditori” senza porre riserve o condizioni preliminari. Ci si attenderebbe maggior cautela dall’assessore regionale, quel Vincenzo Colla già competitor di Maurizio Landini per la segreteria della CGIL. Come Ravenna in Comune chiederemo presto al Sindaco un aggiornamento sull’attuazione del “nostro” Osservatorio per la legalità e la sicurezza sul lavoro presso la Prefettura di Ravenna.
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Ravenna, false trasferte: 22 milioni evasi da alcune aziende
Sorgente: Corriere Romagna del 4 agosto 2020 Dal 2013 al 2019 imprese del porto hanno truffato Stato e lavoratori
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Furbetti della cig, “ero in cassa ma l’azienda mi ha chiesto di lavorare. Pagato dall’Inps”. Sindacati: “Centinaia di frodi allo Stato”
Sorgente: Il Fatto Quotidiano del 3 agosto 2020 Durante e dopo la pandemia tante imprese hanno fregato lo Stato e i lavoratori