L’Amministratore Delegato di ENI, Claudio Descalzi, lo ha confermato in un’intervista al Sole 24 Ore: «Siamo pronti a candidare al primo bando del Fondo per l’innovazione europeo, il progetto per il nuovo hub di Ravenna che darà vita al più grande centro al mondo di cattura e stoccaggio di anidride carbonica (Ccs)». Lo ha anche collocato nel tempo: non prima del 2023. Come Ravenna in Comune nutriamo molti dubbi nei confronti di Descalzi, che ha sempre privilegiato il fossile e relegato nella marginalità le altre attività di ENI, dalla chimica alle energie rinnovabili. Né ci tranquillizza una classe politica che in questi anni ha fatto molto poco ad ogni livello per investire nella transizione ecologica. A Ravenna aspettiamo ancora la chiusura dell’Angela Angelina, promessa già 3 anni fa e di cui si sono perse le tracce. Caro Sindaco, non è il caso di sollecitare?
Fuori dai preconcetti, abbiamo approfondito la questione dello stoccaggio. Ad oggi l’unico progetto con qualche fondamento è il Northern Lights di Equinor, la compagnia energetica statale norvegese. Si tratta di un investimento di grande scala, che prevede di stoccare sotto il fondale marino oltre 1,5 milioni di tonnellate l’anno di CO2, con l’ausilio di Total e Shell. La cosa più interessante è che il Governo norvegese dovrebbe caricarsi almeno l’80% dei costi, stimati in almeno 2,5 miliardi nel primo decennio. Sarebbe quindi utile sapere l’entità della tassa che il progetto di ENI imporrebbe ai cittadini italiani. L’impressione è infatti di essere davanti alla peggiore logica del capitalismo: continuare a massimizzare i profitti con le estrazioni di gas e petrolio, e contemporaneamente scaricare sui cittadini il costo della cattura della CO2. Se si dirottassero invece sulle energie rinnovabili tutti i costi diretti e indiretti del fossile, si darebbe una svolta in positivo alle nostre vite e alla sostenibilità futura.
Lo ha detto bene de Pascale piantando un alberello durante una manifestazione dei Fridays for Future: «Questi giovani a Ravenna e in tutto il mondo stanno risvegliando le coscienze di tutti noi, cittadini e amministratori, e ci stanno mettendo davanti alle nostre responsabilità e alle conseguenze che si verificheranno se non verranno presi al più presto provvedimenti seri, in grado di arginare l’impatto dei cambiamenti climatici sul futuro del nostro pianeta. La nuova consapevolezza che sta nascendo ci deve far cambiare velocemente passo». Questo passo tuttavia deve essere fatto, e invece la cronaca ci dice che siamo ancora troppo fermi sulle gambe.
La CCS (carbon capture and storage) deve ancora uscire dalla fase sperimentale e non è ancora chiaro il rischio per l’ambiente marino connesso ad un’eventuale fuga di CO2. Ma soprattutto ha tempi talmente lunghi da diventare di fatto un alibi per continuare intanto a spremere l’energia da idrocarburi senza remore. Da un lato de Scalzi sembra infatti paragonare il fossile “decarbonizzato” a un’energia pulita. Dall’altro si parla di un progetto che comincerebbe eventualmente ad avere qualche risultato nel 2027, quando nel 2030 dovremmo aver già ridotto le emissioni del 40% rispetto ai livelli del 1990, secondo gli accordi UE. È chiaro che non sarà questa la via per arrivarci. Appare quindi inoppugnabile la conclusione di Legambiente: “L’idea dello stoccaggio della CO2 è fuori dal tempo, non dà garanzie di fattibilità tecnica di lungo periodo oltre che economica. Non è nemmeno in linea con la radicalità degli interventi necessari per fermare la crisi climatica con produzione di energia verde, innovazione, efficienza e risparmio energetico. A nostro avviso la priorità dovrebbe essere quella di produrre energia pulita e non di investire grandi quantità di energia nel confinamento della CO2 senza intervenire efficacemente sulla riconversione del settore Oil&Gas e la tutela dei posti di lavoro».
Cosa farebbe dunque Ravenna in Comune e cosa vorrebbe dal Sindaco della nostra città? Per prima cosa è inutile continuare a chiedere che si continui a trivellare dove nessuno ha più un vero interesse a farlo. ENI e le altre società non hanno infatti nessuna intenzione di continuare a sviluppare l’estrazione delle riserve di gas al largo di Ravenna perché non è più profittevole. Il mondo fortunatamente ha girato e non lo si fa tornare più indietro. Non è questione di sospensioni governative o di referendum: ENI continuerà a spremere quel che già c’è finché conviene, sperando poi di poter lasciare lì dove sono le opere impiantate. Per questo non si dovrebbe dare credito a mirabolanti progetti che sembrano finalizzati soprattutto ad allontanare i costi di smantellamento delle piattaforme.
Ci sono invece molte altre cose che il Sindaco dovrebbe pretendere da ENI. Innanzitutto la difesa dei posti di lavoro sul territorio, per il presidio e la messa in sicurezza dei pozzi in chiusura. Si dovrebbe poi insistere per aggiudicare al territorio i lavori di smontaggio ed eliminazione delle piattaforme e delle tubazioni da dismettere (Angela Angelina in testa!). Ravenna dovrebbe inoltre diventare un vero hub di ricerca, sperimentazione e implementazione per le energie rinnovabili, sfruttando know how locale e presenza dell’Università. E, ancora, dovrebbe ottenere investimenti sulla chimica verde e la riconversione delle banchine del porto appositamente costruite da Sapir per ENI, salvaguardando l’occupazione.
Queste idee fanno parte del programma di Ravenna in Comune. Chiediamo al Sindaco di uscire dal racconto del gas come energia di transizione perenne e di proporre una politica coerente con gli impegni assunti nella dichiarazione di emergenza climatica.
Post Scriptum: mentre scriviamo ENI continua la politica di espansione della relazione con l’Egitto. Anche di questo si dovrebbe chiedere conto. Noi non dimentichiamo Giulio Regeni, Patrick Zaky e tutti gli oppositori vittime del regime di Al Sisi. Crediamo non debba farlo nemmeno la nostra città.
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Descalzi (ENI) insiste: a Ravenna il più grande hub per CO2 al mondo, pronti per il bando europeo
Fonte: Ravennanotizie del 3 luglio 2020 la bufala del più grande stoccaggio del mondo