SALVARE E RISCOPRIRE I FORESI PER PROGETTARE IL FUTURO

Dal momento che in questo periodo si rincorrono le voci sulla “ripartenza” dopo il prolungato periodo di inattività dovuto al coronavirus (che probabilmente non è ancora alle nostre spalle), vorremmo proporre una riflessione seria a chiunque sia disponibile a discutere davvero su che tipo di futuro vogliamo. In questo momento se ne sentono di tutti i colori, e si fa pericolosamente strada una “scuola di pensiero” che spinge per una ripresa “selvaggia”, invocando – con la scusa della auspicabile semplificazione degli iter burocratici – l’abolizione di ogni vincolo  sul piano sociale, ambientale e legale.

Dal momento che fra meno di un anno andremo alle elezioni per il Comune di Ravenna, è bene che venga fuori fin da adesso se l’attuale maggioranza intenda ripresentarsi con il volto di chi vuol favorire “a prescindere” ogni tipo di attività economica o se invece abbia intenzione di prendere un’ altra strada, quella della rigenerazione del tessuto sociale ed economico in base a criteri di vera sostenibilità.

E’ noto che Ravenna in Comune considera fondamentale il tema della riconversione ecologica, e altrettanto la questione della valorizzazione del forese e dei piccoli centri. Le due cose messe insieme possono essere il motore principale di un riassetto dei nostri territori periferici mai visto prima. Purtroppo fino ad ora, complici gli indirizzi a livello nazionale e regionale non certo favorevoli, il Comune di Ravenna – nonostante frequenti asserzioni sui servizi di prossimità, sull’attenzione alla criticità ambientale, sul concetto di comunità, sul contrasto allo spopolamento delle campagne e quello al cambiamento climatico – non ha fatto molto per modificare l’accentramento dei servizi,  ancor meno per difendere le economie de forese e assai poco per fare delle nostre campagne un punto di svolta in senso ecologico. A titolo di esempio, quando il punto-prelievi al quale afferiva parte della nostra popolazione (quello di San Pancrazio, che per altro ricade fuori dai confini comunali) è stato giudicato inadeguato dal punto di vista della struttura e delle dotazioni, anziché provvedere al suo adeguamento si è preferito chiuderlo. E sempre a titolo di esempio, anziché dare una sterzata nel campo dell’organizzazione del commercio, e valorizzare i piccoli esercizi presenti nelle frazioni, si insiste tutt’ora sulla realizzazione di grandi centri commerciali che cementificheranno altro suolo, aumenteranno il traffico e strozzeranno ulteriormente le attività commerciali dei paesi. Oppure, pensiamo al “percorso partecipato” voluto dalla società civile e condiviso dal Comune sulla realizzazione del Parco Fluviale dei Fiumi Uniti, che dopo aver suscitato molto interesse come elemento di valorizzazione sostenibile dell’intero territorio della zona 7 (e anche di più), è praticamente finito nel nulla, e di esso non si fa neppure menzione nei documenti del bilancio. Per non parlare di un trasporto pubblico che lascia molto ma molto a desiderare. E così via, gli esempi potrebbero continuare, ce ne sono tanti da non potersi certo esaurire in questo breve intervento.

Del tutto recentemente, un autorevolissimo studioso, il prof. Salvatore Settis, assai citato da urbanisti, assessori,  tecnici delle politiche territoriali, ha parlato della riscoperta, della valorizzazione e del riassetto delle campagne secondo criteri di vera sostenibilità, come  strada di gran lunga principale per ricostruire un tessuto sociale  adeguato non solo alle sfide del presente, ma anche alla costruzione di un orizzonte futuro che non sia di condanna al degrado, all’ esclusione sociale, al disastro ambientale cronico e irreversibile. E altrettanto recentemente la Commissione Europea ha stilato il “Documento per la Biodiversità” che va in questo senso e – pur con alcune contraddizioni secondo noi significative, come l’impegno piuttosto scarso sullo specifico problema della riduzione dei pesticidi – cerca di stimolare le istituzioni dei singoli paesi ad attivarsi da subito per la rinascita ecosostenibile delle campagne e la rigenerazione di ogni periferia. E in tale svolta gli enti locali dovrebbero avere un ruolo fondamentale.

Allora, visto che fra l’altro sono in arrivo non poche risorse economiche, secondo noi si dovrebbe elaborare – subito – un progetto per la riconversione energetica dei borghi, in cui si preveda come primo atto la ristrutturazione di tutti gli edifici di proprietà comunale (e pubblica in genere) secondo criteri di massima efficienza energetica e di minima produzione di emissioni. Così come si deve riprendere in mano il progetto del “Parco Fluviale” del Ronco e del Montone e rilanciarlo varando già nei prossimi mesi le prime opere e impostare una tabella di marcia stringente, che preveda la sua competa realizzazione al massimo entro dieci anni. E poi si dovrebbe intervenire con un piano di miglioramento dei collegamenti in termini di trasporto pubblico (che fine ha fatto lo studio di fattibilità per un piano di trasporti, pubblici gratuiti che riuscimmo a far inserire tra gli obiettivi di accessibilità del PUMS?) e di incentivazione alla mobilità ciclistica, con la progettazione e la costruzione di percorsi ciclabili strategici, rigenerare la qualità paesaggistica realizzando da una parte viali alberati e rimboschimenti di aree agricole sottoutilizzate, dall’altra progettare una rinascita estetica-urbanistica delle frazioni, in particolare quelle più abbandonate come Longana e Ragone, o quelle troppo stressate dal traffico come Coccolia (ma molte proposte possono essere fatte anche per le altre frazioni della zona 7, come per altro – ovviamente – per tutti i foresi del ravennate).

Ma anche si dovrebbero aumentare e migliorare l’offerta in termini di servizi sociali e sanitari, e prevedere che le risorse messe a disposizione per la riqualificazione del servizio sanitario non trascurino i paesi di campagna: l’infermiere di quartiere, di cui si è parlato in questi mesi, dovrebbe essere una realtà da varare immediatamente, aumentare la capillarità dei punti prelievo, e avviare una discussione sullo sviluppo delle Case della Salute, il cui funzionamento va troppo a rilento e stenta a colmare le reali esigenze dei vari territori, come confermato dalla stessa maggioranza. E con altrettanta convinzione si dovrebbero studiare meccanismi di incoraggiamento alle piccole “economie di scala” per sottrarle all’insostenibile concorrenza dei centri commerciali.

Se si vuole, si può disegnare per il territorio un futuro molto più accogliente e inclusivo. Occorrono scelte politiche e la volontà di portarle avanti al di là delle parole. Ci stanno il Sindaco, gli assessori al decentramento, all’ambiente, ai lavori pubblici, all’urbanistica – e ovviamente al bilancio – e più in generale il mondo politico, a confrontarsi sul serio su questo possibile futuro, anche cambiando rotta rispetto ai vecchi indirizzi?

Pippo Tadolini

Consigliere Territoriale di Ravenna in Comune – Zona 7

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Pippo Tadolini: Salvare e riscoprire i foresi per progettare il futuro

Fonte: Ravenna in Comune a fianco dei cittadini del forese

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