Siamo contenti di riappropriarci di una rubrica un po’ trascurata durante il lockdown per riportare quanto accaduto ad un gruppo di lavoratrici e lavoratori che, tenendo duro e non abbandonando il luogo di lavoro, sono riusciti non solo a continuare ma anche ad innovare, oltre tutto in una zona che appariva destinata a perdere ogni qualificazione produttiva.
Andiamo per ordine e torniamo indietro di dieci anni. Il Gruppo Lori di Mantova, proprietario di stabilimenti a Mira, Zingonia, Portogruaro, Marghera e anche a Ravenna, leader nel settore delle materie plastiche, salta. All’apogeo il titolare, figlio del fondatore, si era contraddistinto per atterraggi in elicottero nello stadio di Mantova dove giocava la squadra cittadina di cui era presidente, e per l’ingresso dalla porta principale nel salotto buono della sua città e dei mercati internazionali. Poi il buco, la bancarotta fraudolenta e il carcere per Fabrizio Lori. Un lungo iter fallimentare per il suo gruppo. In mezzo la prospettiva di far cassa con la vendita del terreno dello stabilimento di Ravenna. Già, perché questo, sotto l’insegna Nuova Pansac, si affaccia sul canale Candiano, in quella Darsena vocata a diventare territorio di speculazioni immobiliari: meglio chiudere, smantellare e liquidare, utilizzando gli utili per un parziale risarcimento dei creditori. Questo il programma. Nessun salvataggio in vista, dunque.
I lavoratori, però, non ci stanno. Non intendono rinunciare ad un’attività che, oltre a dar loro il pane, sentono più loro della proprietà Lori, prima, e fallimentare, poi. In questo contesto piace ricordare il ruolo dell’allora Sindaco Fabrizio Matteucci. Ci piace di più, infatti, associarlo alla decisione di salvare il sito produttivo, e quindi i lavoratori, stoppando in partenza ogni intento speculativo, agendo sulla strumentazione di piano, rispetto ad altre decisioni e prese di posizione meno lungimiranti. Sicuramente siamo più affezionati alla foto dell’ex Sindaco assieme ai lavoratori davanti all’ingresso dello stabilimento che a tante altre immagini, sicuramente più iconiche, come quella, infausta, del beverone e del tombino.
I lavoratori non ci stanno e, una volta tanto, quello che spesso a sproposito viene elogiato come presunto sistema di buone pratiche cittadine risulta effettivamente tale. Aiutano le istituzioni, aiuta la banca di credito cooperativo, aiutano le associazioni, i sindacati. Senza i lavoratori, però, non ci sarebbe stata oggi la Raviplast, una società cooperativa di proprietà di soci lavoratori, proprietaria sia dell’azienda che dei macchinari e dello stabilimento. Che ha appena ottenuto la certificazione di “Plastica Seconda Vita” (Uni Plast 10667 e Uni En Iso 14021), potendo fregiarsi del marchio europeo dedicato ai materiali e manufatti nella cui produzione è utilizzata plastica da riciclo. Che, tra tanti capannoni in disuso e qualche nuovo locale rivolto alla ristorazione, mantiene viva l’attività produttiva in Darsena di un sito che vanta 115 anni di storia, iniziata nel 1905 come Canapificio Romagnolo, divenuto fabbrica di sacchetti di juta della Montecatini nel 1920 e convertito al pvc negli anni “70 del secolo scorso, entrando alla fine del decennio nell’orbita del Gruppo Lori.
Grazie a Alessandro, Carlo e alle altre lavoratrici e lavoratori che hanno lottato per questo. E grazie anche a Fabrizio.
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Raviplast acquista la sede in Darsena
Sorgente: la vittoria dei lavoratori
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Nuova Pansac di Ravenna, dipendenti al lavoro ma senza stipendio. Improbabile il pagamento del mese di luglio, saltati 14esima e rimborsi del 730. La sede ravennate dell’azienda leader nella lavorazione della plastica è in crisi da almeno un anno, ma il compratore che si era fatto avanti ora non appare più interessato. A rischio un centinaio di posti di lavoro, anche se i dipendenti continuano a garantire gratuitamente l’attività dello stabilimento ravennate.
Sorgente: 8 agosto 2011: dopo un anno di crisi