Pubblichiamo in forma integrale il comunicato stampa a data 22 maggio 2020 rilasciato dalla delegazione ravennate che sta promuovendo la regolarizzazione dei migranti irregolarmente presenti in Italia in conseguenza dei decreti “sicurezza” e della normativa instaurata in Italia dalla Turco-Napolitano in avanti (Bossi-Fini in testa, naturalmente ma anche Minniti, Salvini, ecc. ecc.). Ravenna in Comune ha aderito fin dal primo momento.
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Questa mattina una delegazione della Campagna di Mobilitazione 5 Maggio per la regolarizzazione universale delle persone migranti composta da Andrea Maestri (promotore insieme a Pippo Tadolini), Marina Mannucci e Paola Patuelli, è stata ricevuta in Prefettura dalla Vice Prefetto Vicaria dott.ssa Montesi e dalla Capo di Gabinetto dott.ssa Mancini, alle quali è stata consegnata una copia dell’appello e delle adesioni raccolte perché la trasmettano al Governo, al fine di lumeggiare i profili critici della misura contenuta nell’art. 103 del D.L. 34/2020 e chiedere che, in sede di conversione, le forze politiche presenti in Parlamento possano discutere e migliorare il testo della norma, allargando a tutti i settori produttivi esclusi (edilizia, commercio, logistica, settore turistico-alberghiero) la possibilità di emersione del lavoro irregolare.
È una battaglia di civiltà, di giustizia, di solidarietà, di umanità ma anche di sicurezza e legalità, perché una regolarizzazione universale contrasterebbe efficacemente gli sporchi interessi di mafie (come affermato recentemente anche dal Procuratore Nazionale Antimafia), caporali, imprenditori disonesti e sfruttatori, campioni di evasione fiscale e contributiva, restituendo dignità e diritti a tutte e a tutti.
L’impegno delle associazioni del territorio continuerà finché il Parlamento italiano non adotterà una riforma organica e strutturale della legislazione in materia di immigrazione (è ancora vigente dal 2002 la Bossi-Fini, insieme al recente decreto-sicurezza voluto da Salvini) che è fattore di precarietà, insicurezza, esclusione e irregolarità, ponendo fine alle condizioni che dal 1986 (anno della prima sanatoria italiana) ad oggi hanno costretto all’approvazione di periodiche sanatorie, per assorbire e riportare alla legalità del soggiorno centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori di origine straniera, costretti loro malgrado alla invisibilità.
La misura approvata, che rappresenta un primo positivo, seppur timido e parziale, passo avanti, è insufficiente rispetto all’entità del problema che intenderebbe risolvere: c’è ancora tempo (poco) e spazio (quello della partecipazione democratica) per correggere la rotta e dare una risposta concreta e coerente con lo spirito della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che ci ricorda che Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.