A Ravenna, nel “risiko” dei poteri ravennati, quel che non è chiaro è sospetto. Risulta perciò sospetto il “regalo di Natale” che Sapir ha messo sotto l’albero dell’Autorità Portuale. Forse ha detto più di quel che avrebbe voluto il Presidente di Sapir all’atto della firma del contratto di cessione gratuita: «mettendo a disposizione le aree per la realizzazione delle banchine del nuovo terminal container, mi sembra che si compia un passo importante nel perseguire la missione avviata oltre 60 anni fa sotto la presidenza di Enrico Mattei».
Intanto, per cominciare a capirci qualcosa, bisogna mettere in dubbio anche le apparenti certezze. Va così considerato che ci sono numeri che non tornano ed altri che non ci sono proprio.
Non tornano, ad esempio, i 29.000 mq. di ampiezza del “generoso” dono. Questa è la superficie regalata o almeno così recita il comunicato ufficiale, che l’Autorità Portuale si è presa la briga di pubblicare. Lo ha fatto a pagamento sul giornale della pubblicità elettorale del Sindaco – Ravenna Informa – e utilizzando allo scopo parte di quei 37 milioni di fondi europei destinati alla progettazione dell’Hub che l’Autorità Portuale, causa i ritardi accumulati, è alla disperata ricerca di modi di spendere il prima possibile. Non tornano, in quanto, come precisa sempre nel comunicato il Presidente dell’AdSP di Ravenna, dovrebbero servire «alla costruzione di una nuova banchina di oltre 1.000 mt proprio in Penisola Trattaroli lato canale». È lo stesso Piano Regolatore Portuale del 2007 (quello attualmente vigente e in base al quale è stato redatto il “progettone” approvato dal CIPE ben 11 anni dopo) a prevedere che nella Penisola Trattaroli le aree da acquisire al Pubblico Demanio Marittimo devono avere una profondità di almeno 50 metri. Che corrispondono a 5 ettari, non a 3! Dunque, invece di essere “generosa” Sapir risulta piuttosto “taccagna”. Da una parte i terreni sono messi a disposizione solo perché non si può farne a meno (non fosse stato previsto dal “progettone” e dal Piano Regolatore Portuale, dubitiamo molto che Sapir si sarebbe dimostrata altrettanto animata da spirito di “liberalità”). E dall’altro mancano all’appello oltre 2 ettari occorrenti al completamento delle banchine del nuovo terminal container. Dove sono finiti? E, soprattutto, dove è finito il nuovo terminal container?
Al di là della dichiarazione del Presidente di Sapir, per cui la cessione dimostrerebbe da parte della società «la serietà delle nostre intenzioni a investire nel nuovo terminal», non c’è traccia delle cifre indicative di questi investimenti. Anzi, da nessuna parte vi è traccia di qualsivoglia intendimento di investire in un terminal container che, per la limitata profondità dei fondali previsti davanti a quel chilometro di banchine, non porterebbe alcun beneficio a fronte delle ingenti risorse (ad oggi non accantonate) occorrenti per infrastrutturare un grande terminal container (41 ettari). Certo non risulta più di attualità l’accordo siglato nel 2011 e riaggiornato nel 2014 tra Sapir, Contship e CMC proprio per realizzare e gestire il nuovo terminal container. CMC avrebbe dovuto acquisire da Sapir un 10% di TCR, la società (70% Sapir e 30% Contship) che gestisce i 26 ettari dell’attuale terminal. Non sembra proprio che le attuali condizioni di CMC (costretta a chiedere al giudice di rinviare l’assemblea dei creditori per non rischiare la bocciatura del concordato e il conseguente fallimento) consentano alla storica cooperativa di partecipare all’investimento. Più “sicuro” (se risultasse ancora “viva”) partecipare come subappaltatrice al gran banchetto dei lavori del “progettone” distribuito dal general contractor che si aggiudicherà la gara. Ma nemmeno la partecipazione di Contship sembra più così sicura. Dopo tutte le esternazioni (critiche) della gran dama dei porti europei, Cecilia Battistello, che della società è la numero uno, non si può proprio dare per certa una continuazione della partnership con Sapir alla scadenza, il prossimo anno, dei termini per l’eventuale vendita delle azioni detenute dal colosso tedesco della logistica in TCR.
Dunque, con il “regalo” Sapir continua effettivamente a muoversi lungo il solco della tradizione, compiendo quel «passo importante nel perseguire la missione avviata oltre 60 anni fa sotto la presidenza di Enrico Mattei» “confessato” dal Presidente Sabadini. Senza alcun investimento stanziato, si mette in tasca la valorizzazione di 41 ettari di terreno, costituito prevalentemente dalle storiche casse di colmata del porto, al “costo” di 3 ettari scarsi. Pronta per la vendita (o la costituzione di diritto di superficie), con attenzione a non far “entrare” in porto elementi sgraditi, è una distesa di sabbione (o di rifiuti, secondo la sentenza di primo grado del Tribunale di Ravenna) che non varrebbe niente (ed anzi sarebbe un costo se andasse smaltita in discarica come la stessa sentenza prevede) se non fosse per quel chilometro di banchine con tanto di fondali adeguati (sicuramente adeguati per fini industriali, sicuramente inadeguati per un ipotetico terminal container) che l’Autorità Portuale andrà a realizzare con risorse finanziarie pubbliche.
Vale la pena, forse, di spendere una citazione classica di fronte al “cavallo di Troia” entrato tra le dotazioni dell’Autorità Portuale con cui Sapir si appresta a riconquistare il ruolo di primo attore in porto che l’Autority a guida Di Marco aveva minacciato di sottrargli: «Timeo Danaos et dona ferentes». I poteri forti son da temere anche (o, forse, soprattutto) quando portano regali…
#MassimoManzoli #RavennaInComune #Ravenna #portodiRavenna #Sapir #AutoritàPortuale
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Ecco il nuovo terminal container di Ravenna. Presentato il progetto dell’opera: la gestione sarà affidata a TCR, nel cui capitale entrerà anche CMC
Sorgente: 2/5/2011: la spartizione sfumata