Circa un mese fa abbiamo fatto il punto sull’incremento che si sta verificando nell’utilizzo degli ammortizzatori sociali nel nostro territorio, ritenendolo un importante campanello d’allarme che suona sempre più forte e che, però, rimane inascoltato da parte della Giunta: La grancassa. Riportiamo di seguito testualmente l’analisi effettuata oggi, a distanza di un mese, dall’Ufficio studi della CGIL sull’aumento esponenziale nel ricorso alla cassa integrazione da parte delle aziende della provincia di Ravenna:
“Le grandi imprese del territorio ne fanno sempre più ricorso
La seconda metà del 2019 vede riemergere con preoccupante intensità il ricorso agli ammortizzatori sociali da parte delle aziende della provincia di Ravenna. I 1.631 lavoratori che a ottobre di quest’anno si trovavano contemporaneamente esposti a uno qualunque degli strumenti di sostegno al reddito all’interno del rapporto di lavoro (cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, contratti di solidarietà, fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato, ecc…) rappresentano il record negativo da 3 anni a questa parte. Era infatti dalla fine del 2016 che non si superava il tetto delle 1.500 unità, rimanendo costantemente sotto alle 1.000 da metà 2017. Al di là dell’aspetto quantitativo di queste cifre, già di per sé preoccupante, è la loro composizione a mettere in allarme. Facciamo un parallelo tra la situazione del 30 novembre di quest’anno e quella fatta registrare il 30 novembre del 2016. A fronte di un numero molto simile di lavoratori esposti (1.503 nel 2019 contro i 1.447 del 2016) ciò che colpisce è la tipologia delle aziende che ricorrono agli ammortizzatori. Delle 22 aziende coinvolte oggi, 5 (il 23%) hanno più di 100 dipendenti e 3 di queste più di 300. Nel 2016 le aziende erano ben 62, ma solo 2 (il 3,2 %) oltre ai 100 dipendenti, nessuna delle quali sopra ai 300.
Preoccupazione per l’indotto
Se nel 2016 i lavoratori di queste “grandi” aziende sottoposti ad ammortizzatore erano 464 su 1.447, ovvero il 32% sul totale, oggi tale rapporto è di 1.192 su 1.503, pari al 79%. L’esperienza purtroppo insegna che, solitamente, le crisi delle aziende più grandi di un territorio, nel giro di un breve orizzonte temporale, si riverberano in maniera importante su tutto il tessuto produttivo a esse collegato, composto dalle decine (a volte centinaia) di piccole e micro imprese dell’indotto, da fornitori e clienti, dagli artigiani e dalle aziende coinvolte nella catena degli appalti. Se a questo si aggiunge il fatto che ad essere in difficoltà sono anche grandi aziende di settori che tradizionalmente fanno da volano per larga parte dell’economia locale (dall’edilizia sia residenziale che infrastrutturale all’oil & gas), il quadro assume tinte ancora più fosche. Se nel 2016 si poteva, quindi, leggere la situazione come la coda di un fenomeno in via di esaurimento, il rischio è che l’impennata di questo periodo possa rappresentare la fase iniziale di una fase quantomeno difficile.
In crescita anche l’utilizzo della Cigs
Altro dato estremamente significativo e preoccupante è quello riguardante il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria, legata a eventi di riorganizzazioni aziendali e stati di crisi. Se nel 2016 i lavoratori sottoposti a Cigs erano 267 (il 18,5% dei 1.447 totali), oggi sono ben 622, ovvero il 41% del totale. Anche i dati sulle ore di cassa integrazione autorizzate dall’Inps non inducono all’ottimismo. Sono 1.455.534 le ore utilizzate nel periodo gennaio-settembre 2019, già ampiamente oltre quelle fatte registrare nel periodo gennaio-dicembre del 2017 e del 2018. Anche in questo caso si registra il boom della Cigs che, in soli 9 mesi, raggiunge quasi la somma dei due anni precedenti”.
“La cassa integrazione torna a far paura” di Davide Gentilini, responsabile Ufficio studi e ricerche della Cgil di Ravenna