Ritorniamo alla “basilica” di Via Antico Squero da cui eravamo partiti. L’Assessore Fagnani, nel rappresentare la situazione attuale, a un anno dalla creazione delle condizioni per il successivo crollo (con la rimozione dei rivestimenti) e dopo due mesi che quest’ultimo si è verificato, non ha potuto che constatare che il Comune è ancora in attesa del cronoprogramma degli interventi per la messa in sicurezza. Non risistemazione, pannellatura, riqualificazione: solo messa in sicurezza, che può anche significare l’abbattimento più o meno parziale. Del resto lo stesso Fagnani lo ha confermato: «la struttura permane in precarie condizioni di sicurezza e non presenta le caratteristiche di idoneità che ne consentono il normale uso». Tutto qui. Nessuna traccia di un interesse dell’Amministrazione comunale per la conservazione.
Nessuna memoria di quanto dalla stessa Amministrazione stabilito nelle norme tecniche del POC Darsena:
Articolo 35 – Il POC Darsena persegue l’obiettivo di salvaguardia e recupero delle archeologie industriali, quale sistema insediativo prioritario oltre che favorire l’insediamento, all’interno delle loro volumetrie, di attività pubbliche e/o private di interesse pubblico (culturali, sociali, ricreative, ecc.) e di attività ricettive mediante l’applicazione di apposite premialità.
Articolo 36 – Gli edifici di Archeologia industriale sono da salvaguardare e valorizzare, conservandone obbligatoriamente gli elementi e le caratteristiche di valore formale, tecnologico o spaziale individuati e riportati nelle specifiche Schede di Subcomparto. […] In sede attuativa il recupero degli edifici di Archeologia industriale dovrà avere carattere di priorità.
Siamo di fronte al totale disinteresse della Giunta Comunale per quanto dalla stessa Amministrazione stabilito. Si rinuncia ad un recupero di funzionalità di uno spazio pubblico per assecondare privatissimi interessi di speculazione. Si ripete la stessa storia già vissuta in tante parti della nostra Città: dalla perdita della fabbrica del ghiaccio alla rovina del macello, eccetera eccetera. Si stravolge il senso della Darsena, smarrendo la sua memoria industriale e portuale. E del resto, non sono dell’altro ieri le proposte di interramento dello stesso canale per ricavarne “un bel parcheggio”?
Riprendiamo le norme tecniche:
Art. 38 – Il POC Darsena mira a valorizzare l’elemento acqua quale fattore peculiare e caratterizzante dell’intero quartiere. Le nuove funzioni urbane che il canale Candiano potrà svolgere saranno condizionate dal livello di qualità delle acque risultante dalla bonifica.
Bonifica delle acque? Chi parla più di bonifica delle acque del Candiano? Sembra quasi che la previsione di un nuovo sistema fognario, che servirà solo le nuove speculazioni e che continua a prevedere il recapito in canale delle “acque bianche”, costituisca di per sé elemento di bonifica. Mentre invece l’inquinamento delle acque era ben presente come tema in tutto il percorso partecipato.
Ah già. Il percorso partecipato. Chi pare ricordarsi più del percorso partecipato? Il compianto Assessore Maraldi, all’avvio del processo partecipativo dichiarava: «A conclusione di questo processo, dobbiamo riuscire a dimostrare agli scettici che davvero si può pianificare il territorio in maniera diversa che nel passato, coinvolgendo non solo i tecnici e gli stakeholders ma coinvolgendo tutti i cittadini. Dobbiamo dimostrare agli scettici che questo è possibile anche in un’area vasta come quella che va da Via Trieste a Via delle Industrie, dalla stazione al ponte mobile». E cosa emergeva dal percorso partecipato sulle archeologie industriali? Proprio quanto recepito negli articoli 35 e 36 del POC. Lo aveva promesso proprio l’Assessore Maraldi: «La partecipazione non è raccogliere consensi ma gli esiti del processo devono essere recepiti dall’Amministrazione Comunale».
Ma “recepito”, lo si è capito in seguito, non va confuso con “attuato”. E intanto la Darsena va in malora!
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