Difficile ormai scindere il nome di Marco Martinelli da quello di Ermanna Montanari e, soprattutto, da quell’iconica immagine dei due bianconigli davanti alla tomba di Dante. Qui però ci accingiamo a separare, per una volta, Martinelli sia da sua moglie che dalle “chiamate” che si ripeteranno sino al 2021.
Qui parliamo dell’esperienza di Kibera, dove Marco (non da solo, certo) ha condotto 150 ragazzini kenioti ad appropriarsi del mezzo teatrale pur nel contesto di un’enorme area degradata. Kibera è la più grande baraccopoli di Nairobi ma anche del continente africano. A seconda di dove si mettono i confini, che già la dice lunga, vi abitano 170.000 o mezzo milione o addirittura un milione di abitanti. La definizione del posto è quella di un luogo in cui la maggior parte dei residente guadagna meno di un dollaro al giorno, dove l’AIDS è di ordinaria diffusione, dove l’acqua pulita è rara e la violenza frequente. Dove poche sono le scuole e meno ancora chi può permettersi di frequentarle. L’esperienza è quella di un progetto, “The sky over Kibera” voluto dalla fondazione Avsi con il coinvolgimento di alcune di quelle poche scuole di Kibera, sotto la guida di Marco Martinelli. Il risultato, documentato da un omonimo film, ha portato quei 150 ragazzini a fare teatro tra le strade dello slum, inverando la Commedia (sempre il “nostro” dunque) attraverso la messa in scena delle loro vite, dei loro attualissimi inferni e paradisi reinventati in inglese e swahili.
Il progetto ha vinto il Premio al volontariato – Costruttori del Bene comune 2019 per la sezione “Cultura”, conferito lo scorso 9 novembre dal Senato della Repubblica. Un lavoro che viene dopo quelli di Scampia, Lamezia Terme, ma anche Diol Kadd in Senegal, eccetera eccetera. Un impegno non episodico, lungo una traccia che conduce alle periferie in Italia e all’estero. Dove Marco si è messo al lavoro. Mai da solo. I nomi che lo contornano sono tanti e meritano rispetto. Però variano. Lui, c’è sempre.
«Martinelli è sì un drammaturgo corsaro, ma lo è in modo dolce. C’è nel suo teatro una tensione alla conciliazione degli opposti, insieme alla volontà di non abbattersi mai, di trovare una via d’uscita» così lo descrive Marco Belpoliti di Doppio zero, querelato assieme a Marco ed Ermanno per aver esposto la ‘ndrangheta nella emilianissima Brescello. Marco che non si arrende mai, nemmeno quando, arriva a Scampia e cerca il teatro dove dovrà lavorare con i ragazzi della periferia napoletana. «Dov’è il teatro?». Chiede a un ragazzino per strada. «Vai dritto, e poi gira a destra, dove hanno bruciato la ragazza dentro la macchina». E ne è venuto fuori “Aristofane a Scampia”.
Grazie Marco
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