Oggi abbiamo a Ravenna il Presidente della Repubblica. È un momento in cui il nostro territorio è al centro delle attenzioni delle persone che incarnano i vertici delle istituzioni statali: giusto la settimana scorsa abbiamo avuto a Marina di Ravenna il Presidente del Consiglio. Giuseppi era passato dalle nostre parti per vedere il nuovo giocattolino con cui il cane a sei zampe fa finta di interessarsi alle rinnovabili. Non ha riscosso molto successo, perché non ha portato rassicurazioni per investimenti pubblici sul territorio quanto a rinnovabili, né del resto ha speso mezza parola in favore dell’off-shore, scatenando l’ira dei potentati locali del settore.
Mattarella, invece, viene per le celebrazioni del 30° anniversario della morte di Benigno Zaccagnini, assieme a Boldrini il politico locale più ricordato per aver lasciato un segno, dalla lotta di resistenza al nazifascismo al presidio delle istituzioni, durante gli attacchi antidemocratici sferrati alla Repubblica nel secolo scorso. Zaccagnini è una figura complessa, che molto ha influenzato il modello economico e di potere ravennate attraverso la Legge che da lui ha preso il nome, la 528 del 1961, con cui si diede il via alla realizzazione del porto moderno, affidando “le chiavi della macchina” alla SAPIR. Un modello lontano anni luce da quello dei porti realizzati dallo Stato attraverso Enti pubblici, come Genova e Trieste, per capirci. A Ravenna si posero le basi per impedire allo Stato centrale di esercitare il proprio ruolo, ribaltando i rapporti di forza tra SAPIR, il vero potere nel porto, e Capitaneria di Porto prima e Autorità Portuale poi.
Qui ci vogliamo occupare però di Tommaso Moro, il nome con il quale il dott. Zaccagnini fece la Resistenza. La foto che accompagna questo articolo è stata presa il 10 dicembre 1944 mentre, assieme a Bulow, cioè Arrigo Boldrini, Zaccagnini promuoveva la lotta partigiana davanti al Palazzo del Mutilato. È importante ricordare la connessione tra lotta antifascista e costruzione delle fondamenta democratiche della Repubblica. Oggi più che mai, quando si rincorrono notizie di raduni fascisti a Predappio e celebrazioni dei fascisti di Salò a Brisighella. C’è un tentativo di “normalizzare” il fascismo che si affianca ad una equiparazione al comunismo. Vanno respinti con forza. Perché è vero che i morti sono tutti uguali, dopo la morte, ma non sono i cadaveri oggetto di ricordo, bensì le vite e quelle non possono mettersi sullo stesso piano. Lo ha ricordato spesso lo stesso Presidente. Le due parti non erano uguali e non lo sono ancora oggi: «da una parte i massacratori, gli aguzzini, i persecutori di ebrei; dall’altra la civiltà, la libertà, il rispetto dei diritti inviolabili di ogni persona». Benvenuto a Ravenna, Presidente.
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