La sentenza della corte di appello di Bologna nel processo Black Monkey porta le lancette indietro di 10 anni. Non sono state sufficienti le minacce a Giovanni Tizian, non sono stati sufficienti i racconti di minacce nelle udienze, non sono stati sufficienti i silenzi timorosi dei testimoni chiamati a deporre, non è stata sufficiente la scomparsa fisica del testimone chiave (salvo poi ricomparire a udienze concluse), non sono state sufficienti intercettazioni, non è stata sufficiente la sentenza di primo grado: in Emilia-Romagna non può esser mafia.
Questo scrivono nero su bianco i giudici bolognesi.
Stessi giudici che, però, con grande stupore confermano l’esistenza di un‘associazione semplice e il metodo mafioso per alcuni reati.
Facciamo nostra la conclusione dell’articolo di Giovanni Tizian (a cui va il nostro abbraccio): “Non resta che prendere atto della contraddizione. Consapevoli, però, che non sarà un giudice a Bologna a farci dire che la ‘ndrangheta in Emilia non è radicata. Non intendiamo partecipare alla gara di salto all’indietro. La ‘ndrangheta non è soltanto una questione calabrese, oggi è soprattutto settentrionale. E se questa non diventerà verità giudiziaria, esiste un’altra verità, che ha che fare con la storia, con i fatti, con i curriculum personali dei protagonisti del crimine”.
Il nostro Consigliere Comunale Massimo Manzoli conclude così: “Si aggiunga un ulteriore dato, politico questa volta: ad oggi non mi risulta alcun commento né presa di posizione da parte delle istituzioni regionali e provinciali”.
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Sono basito e preoccupato per la sentenza della Corte d’Appello di Bologna in merito al processo “black monkey”, circa la cancellazione del reato più grave: Assciazione mafiosa. In questo modo si nega la presenza della N’drangheta nel nostro territorio e nella Regione, quando ci sono stati, più e più volte , indicazioni precise circa la sua presenza reale e concreta qui e nel Nord Italia in genere. Purtroppo manca quella volontà politica e giudiziaria di guardare bene in faccia alla realtà e prenderne consapevolezza. Lo stesso vale per la sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani circa i benefici cui possono accedere anche i condannati all’ergastolo per mafia o altra associazione a carattere mafioso, anche se costoro non hanno mai rinunciato a quella associazione. Non hanno mai collaborato con la Giustizia, nè si sono mai dissociati e/o pentiti. Molti Magistrati dell’Unione Europea, non hanno consapevolezza del fenomeno mafioso e ritengono che in altri Paesi, fuori dell’Italia, queste organizzazioni criminali, non ci siano. Così come la sentenza in oggetto, dice la stessa cosa: la N’drangheta in Emilia Romagna non c’è. Spero che La Procura Generale, opponga ricorso in Cassazione.