Celebriamo la fine di una guerra, perché la guerra sia bandita dalla storia
Anche quest’anno, il 4 novembre si svolgeranno ovunque le cerimonie per ricordare la data in cui l’Italia uscì “vittoriosa” dalla guerra. Si celebrano un preteso trionfo e una pretesa liberazione, quasi sempre omettendo di parlare delle responsabilità criminali della monarchia sabauda e delle alte sfere militari, e – ancor più – dimenticando i soldati lanciati come carne da macello contro le trincee nemiche o giustiziati sommariamente per volere dei propri superiori in caso di tentennamenti. E si fa cenno ben poco alle vittime civili e alle conseguenze tragiche sulle popolazioni, che in molti luoghi vedevano l’esercito italiano come truppa d’occupazione e non certo come liberatori.
Fu un brutale massacro, e quella “gloriosa vittoria militare” fu uno degli elementi che aprirono la strada a vent’anni di dittatura fascista e ad altre catastrofiche guerre. Anche Papa Benedetto XV, definì quel conflitto una inutile strage, rimanendo totalmente inascoltato.
680.000 morti e un milione di mutilati, più tutte le vittime (anche civili) della miseria e delle malattie, molto di più degli abitanti di Trento e Trieste (che verosimilmente sarebbero stati concessi dall’Austria, in cambio della neutralità). Le acquisizioni della ricerca storica più approfondita degli ultimi decenni, a cento anni di distanza, chiedono che una volta per tutte si sia capaci di uno sforzo di sincerità e di rivisitazione.
Il 4 novembre va trasformato in una giornata di riflessione, di studio e di impegno per la Pace.
Per questo chiediamo che nelle manifestazioni ricorrenziali si citi sempre e innanzi tutto l’articolo 11 della Costituzione della Repubblica, che ripudia la guerra.
Che si ricordino e si restituiscano dignità e onore a quei soldati caduti vittime delle fucilazioni, delle decimazioni, delle esecuzioni sommarie, decise e ordinate su precisa indicazione delle alte sfere militari, perché sospetti di aver tentennato in assalti dai quali uscire vivi era quasi impossibile, e a tutti coloro che rifiutarono di andare ad uccidere altri lavoratori e altri poveri, e per questo furono imprigionati e fucilati.
Che non manchi mai una parola di pietà per le popolazioni civili d’Italia e di tutta Europa, che pagarono un pesantissimo tributo, vittime prima di tutto delle politiche scellerate dei loro governi.
Che nella ricostruzione storica e nell’insegnamento si spieghino le pesantissime responsabilità della monarchia sabauda, delle alte sfere militari, dell’apparato militare – industriale e di un’intera classe dirigente politica, che avrebbero potuto svolgere un ruolo attivo nel mantenimento della pace in Europa.
Che si eviti ogni retorica militarista, e si valorizzi l’opposizione alle guerre, ricordando che anche oggi ci sono troppe guerre, e siamo di fronte a un vero “conflitto mondiale a pezzi”.
Che si auspichi a gran voce la riduzione progressiva delle spese militari e la loro destinazione a finalità realmente e strettamente difensive, e che quanto risparmiato venga reinvestito in opere di protezione sociale e ambientale.
Che il nostro Paese sostituisca le logiche di controllo geopolitico e di possesso delle fonti di energia con l’impegno ad attuare una politica di fratellanza fra i popoli e di cooperazione internazionale seria, paritaria e orientata a costruire una Pace giusta e duratura per tutte e tutti.
Abbiamo il rispetto più profondo per coloro che diedero la vita in nome di ideali irredentisti, ma proprio per questo pensiamo che oggi il concetto di amore di Patria debba declinarsi completamente nell’impegno per la fine di tutte le guerre e per l’affermazione dei principi di giustizia che ispirano la Costituzione e la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo.
Questo è il 4 novembre che chiediamo.
RAVENNA IN COMUNE