In questa ultima parte della sua attività legislativa, l’Assemblea della Regione Emilia-Romagna ha approvato un altro provvedimento con una maggioranza trasversale che esclude le destre. Il primo è stato quello della legge regionale contro le discriminazioni e le violenze di genere approvato, con sforzo “atletico”, dopo una maratona di voto ed una corsa ad ostacoli e compromessi subito prima dell’interruzione dei lavori estivi.
Ora, alla ripresa, grazie a una maggioranza trasversale formata da Pd, Sinistra italiana, Altra Emilia-Romagna, gruppo Misto e Movimento 5 Stelle (contrari Lega e Fratelli d’Italia), l’Assemblea ha approvato il 1° ottobre scorso il progetto di legge (primo firmatario Piergiovanni Alleva di AER) da portare al voto del Parlamento italiano che si pone l’obiettivo di usare il reddito di cittadinanza per creare nuovi assunzioni: “Misure per la promozione dei contratti di solidarietà espansiva e utilizzo del reddito di cittadinanza” In pratica, con il reddito di cittadinanza si andrebbero a finanziare nuove assunzioni di giovani occupati e inoccupati, di età inferiore ai 35 anni riconosciuti destinatari del reddito di cittadinanza attraverso la rinuncia a una giornata di lavoro a settimana da parte di quattro lavoratori assunti con contratto pieno e a tempo indeterminato. Il tutto mediante la stipula di contratti di solidarietà espansiva tra associazioni datoriali e sindacati con adesione volontaria da parte dei lavoratori. Al contempo, la Regione erogherebbe alle imprese che stipulano contratti di solidarietà espansiva, un contributo mensile di 10 euro per ogni lavoratore che aderisce aumentato ad euro 20 ove il lavoratore percepisse, prima della riduzione di orario, un salario superiore ad euro 1.800,00 netti.
Non è la soluzione di tutti i mali e tanti sono i limiti dell’iniziativa: dalla fascia di disoccupazione interessata alle assunzioni, al solo parziale recupero degli importi “persi” nello scambio tempo-lavoro, alla perdita di contributi da parte dei lavoratori che riducono il tempo lavoro, alla minor retribuzione di ingresso per i neo assunti, ecc. ecc. Soprattutto si tratta di un progetto di legge e quindi di un atto della Regione presentato al Parlamento perché questi lo voti, non una legge regionale come nel caso di quella contro l’omotransnegatività.
Si tratta però di un primo passo per riprendere il cammino verso la riduzione del tempo di lavoro non originata da costrizioni e crisi aziendali e a retribuzione invariata, un primo passo, un piccolo passo, lungo un tragitto interrottosi bruscamente alla fine del secolo scorso. Per questo, pur con tutti i limiti, come Ravenna in Comune la salutiamo con favore: lavorare meno, lavorare tutti!
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