LA CRISI NERA DELL’AGRICOLTURA RAVENNATE – SECONDA PARTE

L’assessorato regionale competente ha deciso di puntare tutto su soldi e antagonisti. Soldi, ovvero risorse per consentire alle imprese agricole di accedere a mutui e prestiti agevolati ed evitare crisi di liquidità. Antagonisti, ovvero immissione in natura della vespa samurai per contrastare la cimice asiatica. 

Temiamo che si tratti di provvedimenti che possono in parte ricoprire il ruolo delle cure palliative, in quanto non si inseriscono in un disegno generale ma appaiono di portata utile ma limitata sia per dimensione che per tempo, e in parte potrebbero dar luogo addirittura ad esiti controproducenti. Riguardo al denaro, in quanto il bando appena pubblicato, indirizzato alle imprese con superficie minima di due ettari dedicati a frutticole, ha un ammontare complessivo di soli euro 250.000 per tutta la Regione ed è limitato al 2019. La riproposizione nel 2020 è legata a doppio filo alle elezioni regionali! Per le vespe, il problema è che non è chiaro cosa potrà succedere una volta introdotta questa nuova specie aliena all’interno dell’ecosistema. Il rischio è che la vespa samurai vada ad aggredire specie autoctone non dannose, di fatto peggiorando il problema. Va considerato che la sperimentazione italiana è iniziata solo l’anno scorso e, svolgendosi in laboratorio, non è ovviamente in grado di affrontare la tematica nella sua complessità: come evitare che le specie alloctone diventino a loro volta infestanti e impossibili da eradicare. 

È fondamentale una visione complessiva del settore dell’agricoltura nella nostra regione e nella nostra provincia in particolare perché così si ha anche una più piena comprensione dell’odioso fenomeno di sfruttamento dei lavoratori agricoli. Nel ravennate, che detiene la superficie coltivata più estesa in Emilia-Romagna ed utilizzata per viticoltura e prodotti frutticoli, le stime parlano di circa 3 mila braccianti costretti a lavorare in condizioni occupazionali precarie: lavoro nero tout-court; disapplicazione del contratto che spesso sfocia nella vera e propria truffa; durezza del lavoro accoppiata a bassa remunerazione; caporalato vero e proprio. Il risultato? La paga è compresa tra tre e cinque euro all’ora, il lavoro può durare fino a 15 ore al giorno, domeniche comprese, gli alloggi sono spesso appartamenti fatiscenti o casolari abbandonati dove un posto letto costa fino a 200 euro al mese, in tanti casi il reclutamento avviene la sera con un messaggio su WhatsApp o una telefonata che indica la pompa di benzina, la rotonda, il parcheggio di un centro commerciale dove farsi trovare pronti all’alba per essere caricati sui furgoni dei capi-squadra. 

Ancora più importante è collegare questi passaggi all’aspetto infortunistico: l’Emilia-Romagna conta il maggior numero di infortunati in Agricoltura rispetto a tutte le regioni d’Italia. Parliamo di una media di 4.750 denunce l’anno nel quinquennio 2014-2018

Come Ravenna in Comune restiamo convinti della indispensabilità ed urgenza di un approccio che affronti il tema della crisi dell’agricoltura nella sua complessità. Restiamo altrettanto convinti che l’attuale interessamento della Giunta in proposito, pur tenendo conto delle competenze comunali, sia del tutto insufficiente. L’accostamento del nome del titolare dell’assessorato alla delega specifica su qualunque motore di ricerca produce un risultato desolante. Recitava il programma del Sindaco per l’elezione amministrativa del 2016: “Per cercare di fornire un valido supporto alla componente agricola del territorio e valorizzare tutta la filiera dell’agroalimentare, l’Amministrazione comunale dovrà assumere un ruolo centrale e propositivo, attraverso un costante confronto con i rappresentati del mondo agricolo”. Si svegli il Sindaco, la Giunta e, soprattutto, l’assessore o il rischio già alto di una implosione del settore con effetti devastanti sull’economia del territorio diventerà ingovernabile! 

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Presentato a Ravenna il documento programmatico del Tavolo Verde

Sorgente: Crisi ortofrutticolo

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