La situazione più impattante per numero di lavoratori e soci coinvolti è naturalmente quella della CMC. E per la dimensione internazionale della Cooperativa, riporta il Sole24Ore, “la coop e i suoi dipendenti all’estero sono diventati il bersaglio di pesanti ritorsioni da parte di governi stranieri: l’azienda è sotto tiro per truffa, corruzione e appropriazione indebita. In Kenya è accusata di aver svuotato poco prima della bancarotta i conti su cui venivano accreditati i fondi per costruire due dighe: 110 aziende in affari con la CMC sono sotto inchiesta a Nairobi, dove la coop è anche accusata di aver pagato tangenti in cambio di appalti. In poco più di 4 mesi, almeno 14 tecnici italiani alle dipendenze della CMC sono stati privati dei passaporti e bloccati alla frontiera da quattro diverse nazioni che avevano dato appalti all’azienda cooperativa ravennate”. (** link)
È possibile conciliare la salvaguardia dell’ambiente e dei posti di lavoro?
- Sì se si attuano interventi per la messa in sicurezza del territorio (dissesto idrogeologico) e degli edifici pubblici e privati (rigenerazione, antisismico).
- Sì se si presta attenzione alla manutenzione delle infrastrutture (dall’E45 alla Ravegnana).
La direzione sbagliata è quella che ha portato al tracollo la CMC: le cosiddette grandi opere. Ossia non già opere di dimensioni importanti o essenziali per il Paese ma megainfrastrutture mangiasoldi pubblici che richiedono organizzazioni sovradimensionate, subappalti all’ennesima potenza, finanziarizzazione della struttura e, come per la CMC, conducono prima o poi al tracollo. Con conseguenze devastanti per il territorio nel frattempo impattato, i lavoratori e le loro famiglie. Nel 2012, l’allora Presidente C.M.C., Massimo Matteucci, ribatteva alle critiche rivolte ad un orientamento “grandioperecentrico” della cooperativa: “Non è Cmc ad avere voluto il progetto della Tav. Cmc partecipa, come tutte le altre imprese, in una logica di mercato, a gare pubbliche per la realizzazione di opere che altri soggetti, preposti a tale compito, hanno deciso. Quello di cui ci sentiamo pienamente responsabili è di realizzare quelle opere con qualità, competenza e nel pieno rispetto delle leggi”. (*** link)
Una strada percorsa con determinazione: «Prima della mia presidenza l’azienda si stava concentrando sulle diversificazioni industriali, specializzazioni di nicchia, un mercato estero poco ampio. Insomma, c’era l’idea del piccolo è bello. Invece noi ripartimmo da quello che la cooperativa aveva imparato a fare. Le grande infrastrutture, la specializzazioni e il boom dello scavo meccanizzato. Questo progetto lo condividemmo con le strutture finanziarie del movimento cooperativo, ci aiutarono le società che facevano riferimento al gruppo Unipol, in questo progetto di tenuta e rilancio della cooperativa con il mondo finanziario, alleggerendo il debito e creando delle condizioni virtuose di rilancio. Importante fu anche l’atteggiamento responsabile del sindacato, capì che l’azienda doveva snellirsi. Portammo a casa un piano lacrime e sangue ma senza fare un’ora di sciopero». (**** link) Un balzo dietro l’altro fino a salto nel baratro in cui ora C.M.C. è precipitata.
Ecco, se sta alla politica individuare le opere pubbliche da realizzare, forse alle imprese, specie se cooperative, non è più consentito sottrarsi ad una valutazione delle opere che concorrono a realizzare se vogliono contribuire a far uscire dall’attuale situazione i lavoratori delle costruzioni.
[“E costruire è sapere e potere” è citazione da Nicolò Fabi, Costruire, 2006; la fotografia ritrae il sito abbandonato della diga di Itare in Kenya, l’unica opera delle tre che C.M.C. avrebbe dovuto realizzare nel Paese, per la quale la cooperativa ha effettuato qualche intervento. Le altre due, mai iniziate, hanno comunque condotto all’evacuazione di 800 famiglie]
#MassimoManzoli #RavennaInComune #ravenna #lavoro #edilizia#cmcravenna
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L’allarme dei sindacati che hanno proclamato uno sciopero generale. Preoccupazione anche per la Cmc
Sorgente: Il dramma dell’edilizia: in provincia 60 percento di operai in meno in dieci anni
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Kenya, Kuwait, Nepal: la cooperativa ravennate ha contenziosi aperti in mezzo mondo, con accuse di truffa, corruzione e appropriazione indebita nei maxiappalti
Sorgente: Cmc, il fronte estero della crisi: cantieri a metà, cause e operai in ostaggio
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In questi giorni la CMC, Cooperatori Muratori e Cementisti di Ravenna, è nell”occhio del ciclone. A parole, come spesso capita alle grosse aziende edili (e non solo) ma anche con i fatti: sabato 13 ottobre, infatti, è prevista a Ravenna una manifestazione contro la TAV in generale e contro la CMC in particolare.
Sorgente: Tre domande a Massimo Matteucci, presidente della CMC
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A maggio 2017 l’ex presidente della cooperativa di viale Trieste, morto a 65 anni per un malore, aveva lasciato il mandato per andare in pensione