13 marzo 1987 – 13 marzo 2019.
Come ogni tredici marzo, si rinnova il rito commemorativo della strage sul lavoro che occorse a Ravenna nella stiva della nave Elisabetta Montanari. Chi non ha ancora letto “Il costo della vita”, il bellissimo libro di Angelo Ferracuti, giornalista e scrittore molto amico di Ravenna, se lo vada a comprare e lo legga, perché ne vale veramente la pena.
Tredici operai morirono asfissiati, quel giorno, dai fumi di un incendio sviluppatosi nella stiva della nave ancorata nel porto. Le indagini poi ravvisarono gravi mancanze nei sistemi di sicurezza e di prevenzione.
Vennero comminate tenui condanne. Ma non è della ricostruzione dei fatti, né degli aspetti giudiziari che vorremmo parlare ora.
Bensì del senso di malinconia e – forse esagerando un po’ – quasi di resa che si respirava ieri, mercoledì 13 marzo 2019, alla manifestazione commemorativa in Piazza del Popolo. Un paio di centinaia di persone, in quella piazza dove trentadue anni fa eravamo più di diecimila. Quasi tutti anziani; in grandissima parte giovani, quel giorno. E, ancor più, la sensazione che della strage della , Ravenna sappia ben poco, ricordi ben poco, e che la maggior parte della gente che ieri transitava sotto la residenza comunale neppure si chiedesse che cosa fossero quel capannello e quei discorsi.
Abbastanza scontate le parole del sindacalista, che ha ribadito la necessità dei controlli e della prevenzione e che ha dichiarato che “oggi come allora il grido mai più si leva dai lavoratori”, ma senza proporre una riflessione né sul fatto che il realtà tale grido si leva assai poco, né che i livelli di precarietà, di sfruttamento e di insicurezza, in trent’anni, non hanno fatto grandi passi avanti. E senza dire quel che dovrebbe essere scontato, e cioè che dovrebbero venire, sempre, prima le persone dei profitti.
Addirittura ai limiti del fuori luogo, le parole del nostro Vicesindaco, laddove – pur fra affermazioni in altra parte condivisibili – ha colto l’occasione, a partire dal tema dell’insicurezza sul lavoro, per caldeggiare (e ti pareva…) il rilancio delle grandi opere, quasi che queste fossero esenti da fenomeni di sfruttamento, precariato, rischio e illegalità.
Molto meglio la presenza e le parole del giovanissimo Sindaco di Bertinoro (per chi non lo sapesse, erano bertinoresi ben cinque delle vittime), che almeno ha ricordato e dimostrato come il discorso di ricostruzione della memoria possa e debba coinvolgere, in maniera non episodica, anche le giovani e giovanissime generazioni.
Una data e una riflessione che tutte e tutti, soprattutto noi “della sinistra”, a Ravenna e altrove, dovremmo riprendere in mano, e farne terreno d’iniziativa. Se no, stampare i manifesti con l’immagine dello striscione di trentadue anni fa con la scritta “Mai Più” rischia di non voler dire granché.
Ravenna in Comune