Ci sono due grandi gruppi di cui si parla a Ravenna. Uno è leader nel settore costruzioni, l’altro in quello del consumo. Uno lavora più all’estero che in Italia e colleziona partecipazioni internazionali, l’altro si muove solo in Italia dove sta crescendo a dismisura attraverso le più classiche pratiche di merger & acquisitions. Uno ha emesso bond su bond per coprire con l’ultimo la chiusura del penultimo, l’altro investe pesantemente in titoli di Stato, obbligazioni finanziarie e corporate, certificati e polizze assicurative per coprire le falle nella gestione industriale. Uno ha smesso di pagare le cedole, l’altro non riesce più nel giochino ed ha i bilanci in perdita. Uno ha annunciato il concordato preventivo, l’altro una profonda ristrutturazione. Restando all’Italia uno ha messo 900 lavoratori in cassa integrazione, l’altro ne ha dichiarati in esubero 750. Più in specifico ci sono 380 lavoratori della sede di Ravenna dell’uno appesi ad un filo e tutti i 40 della sede di Ravenna e tutti quelli del punto di Via Aquileia a venir ricollocati per il secondo.
L’uno è C.M.C., l’altro è COOP Alleanza 3.0.
Il sistema cooperativo è nato e cresciuto avendo a proprio centro di interesse il lavoro. Ora ha virato sulla finanza, in linea con il capitalismo del nostro tempo. E di finanza si può morire. O, quanto meno, possono morire posti di lavoro. E con loro entrano in crisi le certezze di lavoratori, soci e dipendenti, che pensavano di trovarsi in un contesto molto diverso da quello di un’ordinaria impresa capitalistica.
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