La sentenza del processo sull’amianto, che archivia per prescrizione, o assolve “perché il fatto non sussiste” o commina una modesta condanna correlata a una specifica situazione, lascia con l’amaro in bocca e carichi d’indignazione. Si, con l’amaro in bocca e carichi dì indignazione. Ma non molto sorpresi.
Infatti, al di là dell’analisi specifica delle motivazioni della sentenza, che noi – al pari di chiunque altro – dovremo aspettare per conoscere nel dettaglio, in questa come in altre vicende la sensazione generale è che la vita e la salute di chi lavora, o di chi subisce aggressioni ambientali, o di chi si trova in situazioni di precariato economico e sociale, non siano poi così importanti da potersi tradurre anche in dettato giuridico.
“Il fatto non sussiste”, a buon senso, dovrebbe voler dire che quelle persone non sono morte, o che sono morte per tante altre cause ma non per quella di cui si parla. Insomma, in pratica, è come se non fosse successo niente. Strano che qualcuno non abbia ancora tirato fuori (o forse ci è sfuggito) la parola fatalità. Come venne fatto, ci pare di ricordare, per il Vajont, per la Mecnavi, per Seveso, per Casale Monferrato, e per cento altre storie.
Non siamo certo, noi, quelli che credono che una logica “manettara” possa risolvere le cose, non siamo certo, noi, coloro che invocano “in galera, in galera” come risposta all’ingiustizia, allo sfruttamento e alla disuguaglianza. Ma se la ricerca della giustizia non sa tradursi anche in provvedimenti di riparazione e di sanzione, in cui chi ha delle responsabilità sia condotto a riconoscerle e a farsene carico, vuol dire che siamo arrivati a un grave livello di imbarbarimento.
Ravenna in Comune, mentre si unisce al dolore dei familiari delle vittime e invia loro la fraterna solidarietà dei propri iscritti e dei propri elettori, intende riprendere i temi della sicurezza sul lavoro (di cui la vicenda amianto, qui e altrove, è un aspetto specifico ma importantissimo) e farne un campo d’iniziativa, di sensibilizzazione e di lotta che ormai troppi hanno abbandonato.