Fonte: pagina facebook suttersindaca
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In questa campagna elettorale, ormai al termine, sono stata intervistata da tanti giornalisti di quotidiani, periodici, notiziari on line, radio, web tv, tv. Ad un certo punto ho deciso di capire meglio chi erano queste persone che mi intervistavano, quali erano le loro condizione lavorative. Ho intervistato quindi a mia volta giornalisti e intervistatori (ravennati e non) che mi intervistavano. Ho conosciuto persone con più titoli di studio, lauree e master, colte, competenti, con elevata professionalità, che credono nel loro lavoro, per molti è stata una scelta professionale che non rinnegano. La quasi totalità sono freelance, partire iva, pagati “a pezzo”, lavorano per più testate o svolgono più lavori, sono senza orari di lavoro definiti, faticano a conciliare tempi di vita e di lavoro, hanno redditi bassi e precari : un precariato diffuso , in un settore strategico della cultura. Con loro ho discusso del rapporto tra quotidiani cartacei e notiziari on line, dello scarso investimento sull’approfondimento della notizia cui sono costretti da ritmi difficili da sostenere, della libertà della stampa, dei notiziari, delle tv, dei finanziamenti e dei condizionamenti al mondo dell’informazione, del loro personale futuro e di quello del mondo dell’informazione, del ruolo che anche un’amministrazione comunale potrebbe avere nel legittimare e far crescere il diritto di fare informazione.
Lo scorso gennaio 400 giornalisti di tutta Italia hanno inviato una lettera aperta al premier Matteo Renzi. Denunciando condizioni di sfruttamento, di disparità di diritti e la necessità di un’equa retribuzione dei collaboratori esterni alle redazioni. I lavoratori autonomi –ricordavano– sono oggi quasi il 65%, in rapida crescita, dei giornalisti attivi, ma “con redditi medi da 11.000 euro lordi l’anno, e nella metà dei casi di circa 5.000. Con spese a carico”.
I freelance sono la nuova forza lavoro, diversa dal lavoro salariato dipendente, ma anche dalle professioni autonome regolamentate (avvocati, medici, notai…) che tradizionalmente hanno costituito la parte stabile del ceto medio. Da poco tempo anche in Italia si è cominciato a parlare dei freelance: dalla “carta dei diritti e dei principi del lavoro autonomo e indipendente” approvata dalla “coalizione del 27 febbraio” lo scorso anno, alla Carta dei Diritti Universali del Lavoro promossa dalla CGIL, alle norme contenute nel DDL sul lavoro autonomo collegato alla legge di stabilità. La condizione di lavoratori indipendenti si differenzia da quella dei salariati per caratteristiche fondamentali come lo spazio di lavoro, il tempo di lavoro, la forma della retribuzione, la marginalità nel sistema di sicurezza sociale. I freelance sono l’esempio oggi più evidente della frammentazione della forza lavoro, della diffusione del “lavoro grigio”. Come si organizzano per tutelare i loro diritti? Interessanti due volumetti di Sergio Bologna entrambi di Asterios Editore, entrambi editi nel 2015: “La New Workforce. Il movimento dei freelance.” e “Knowledge workers. Dall’operaio massa al freelance”. Oltre che di Guy Standing “Diventare Cittadini. Un manifesto del precariato” e di Robert Castel “Incertezze crescenti” (presentato la settimana scorsa al festival Opera , organizzato a Ravenna dalla CGIL), entrambi sul tema della precarizzazione e decollettivizzazione del lavoro.
Ravenna in Comune ha posto al centro della propria campagna elettorale il tema della dignità e legalità del lavoro e lo slogan “Con la cultura si mangia”. L’informazione ,la sua qualità e libertà, è oggi un nodo critico del sistema culturale, anche ravennate, chi lavora nel mondo dell’informazione oggi vive in una situazione di forte precarietà ed incertezza. Credo che anche questo tema debba essere affrontato. Mi scuso se tanti sono stati esclusi dalle mie interviste (ho intervistato solo chi ha intervistato me e neanche tutti per problemi di tempo) e alla fine della campagna elettorale voglio comunque ringraziare tutte e tutti coloro che attraverso stampa e web mi hanno dato voce.
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