Certo è che se il Consiglio di Stato rigetta la trascrizione dei matrimoni regolarmente contratti all’estero per le coppie dello stesso sesso, dichiarando in sintesi, che non si può ridurre ad atti amministrativi ciò che necessità di scelte politiche, avremmo sperato che De Pascale in un impeto di coraggio, dichiarasse che sporcarsi le mani è compito di un candidato sindaco.
Necessaria è la riflessione per la parità di opportunità tra i generi che continua inevitabilmente ad essere minata attraverso l’esplicitazione di pratiche giuridiche e sociali che ne determinano il costante disequilibrio.
Ci chiediamo perché lo stesso Sindaco che ha celebrato un matrimonio simbolico tra persone dello stesso sesso nella nostra città, non abbia spinto per un gesto politico forte, rilanciando invece comodamente la palla al Parlamento, senza neanche tentare l’applicazione di legge: Ai sensi dell’art. 16 del D.p.R 396 del 2000 infatti, in Italia i matrimoni trascrivibili “sono quelli celebrati tra cittadini italiani, ovvero tra un cittadino italiano ed uno straniero, innanzi all’autorità diplomatica o consolare competente, oppure dinnanzi all’autorità locale”, e non parla del sesso dei cittadini.
“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio“. Una qualificazione della famiglia e del matrimonio tutto sommato ambigua, in ogni caso né indissolubile, né tanto meno di natura sacramentale. Si tratta comunque per lo Stato di riconoscere l’evoluzione delle molteplici forme affettive, di amore e reciproca assistenza, anche a prescindere – esplicitamente – dalle diversità di genere.
La comunità LGBT italiana rischia l’assuefazione ai saltuari sprazzi di umanità di qualche parlamentare che tenta di riproporre di tanto in tanto questa cruenta tematica. Intanto moltissime coppie e i loro figli, vivono una condizione di minore protezione sociale, come cittadini di serie b, rispetto a: salute, eredità, cura dei figli, fine vita ed altro ancora, privi di pari opportunità.
Certo che c’è bisogno di una legge dello Stato, da almeno 28 anni, (la prima proposta è del 1988). C’è sopratutto bisogno però del coraggio della politica che dia voce ad una società che cambia. Se c’è chi ritiene che non sia corretto scaricare la decisione sui sindaci, per Ravenna in Comune non è pensabile che i sindaci se ne lavino le mani in attesa di una legge nazionale, con il rischio di dare ai Prefetti il ruolo di interpretazione della legge che invece spetta ai giudici.
Ravenna in Comune si propone, in caso di elezione a Sindaca di Raffaella Sutter, di trascrivere i matrimoni contratti regolarmente all’estero nel registro già sperimentato in altri Comuni d’Italia, stimolando la politica nazionale ad intraprendere le necessarie azioni a garanzia di parità di trattamento tra coppie omosessuali ed eterosessuali in attesa del DDL Cirinnà o di qualsiasi altro tentativo di regolamentazione si profili nei prossimi mesi che abbia l’obiettivo di promuovere uguale dignità per tutti i cittadini, come prevede la Costituzione Italiana.
In sintesi, non giriamo la faccia dall’altra parte in attesa che il governo prenda posizione.
Come recita lo slogan dell’Associazione Italiana di famiglie omosessuali con figli: “ E’ l’amore che fa una famiglia”.