Venerdì è morto un lavoratore. L’ennesimo che non rientra a casa dopo il lavoro. I giornali titolano così la notizia: «A14 incidente, tir esce di strada e invade cantiere autostradale: morto operaio al lavoro. Lo schianto è avvenuto intorno alle 15 tra i caselli di Cesena e Valle del Rubicone. Trasportato in elicottero all’ospedale il conducente del mezzo pesante. Carreggiata chiusa per rendere possibili le operazioni di soccorso: fino a 6 chilometri di coda». Il lavoratore, originario di Bagnacavallo e residente a Lugo, aveva 51 anni, una moglie e due figli. Lavorava per una grande ditta di Ravenna specializzata in manutenzioni stradali. È stato assassinato. Lo racconta sinteticamente lo stesso giornale da cui abbiamo ripreso la notizia quando spiega che, solo dopo la collisione del camion con il lavoratore, la carreggiata impegnata dal cantiere è stata finalmente chiusa.
Anche i motivi della mancata chiusura, che avrebbe consentito lo svolgimento delle attività di cantiere in sicurezza, sono chiari: la chiusura ha provocato «6 chilometri di coda» con le conseguenti ricadute economiche. Per la mancata chiusura è morta una persona.
Chi avvia i cantieri senza interrompere il transito lungo le strade o le ferrovie è il padrone assassino della vita che interrompe con la sua decisione. È accaduto il pomeriggio del 10 gennaio scorso in autostrada vicino a Cesena e sui binari presso Brandizzo nella notte tra il 30 e il 31 gennaio del 2023. La morte di Luca Guerrini colpito da un camion piombatogli addosso sull’A14 è stata frutto di un omicidio come la morte di Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Aversa e Giuseppe Saverio Lombardo investiti da un locomotore che percorreva la linea tra Milano e Torino a 160 chilometri all’ora. Sono solo alcuni tra i tanti assassinati per motivi analoghi: non all’investimento ma al denaro si deve la loro morte.
E lo stesso vale per chi precipita dai tetti e a chi cade addosso la merce che stoccava; vale anche per chi ha il corpo spappolato dal macchinario e per chi è sepolto da ciò che costruiva; vale per chi salta in aria e per chi è folgorato; vale per chi è stato ucciso a Firenze, nel cantiere di un centro commerciale, e per chi ha subito la stessa sorte a Suviana, in una centrale idroelettrica; e così via… Tutti morti per i soldi.
Nel suo discorso di fine anno il Presidente della Repubblica, colui che per la Costituzione è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale, ha parlato di rispetto per la vita di chi lavora: «Rispetto della vita, della sicurezza di chi lavora. L’ultima tragedia pochi giorni fa, a Calenzano: cinque persone sono morte. Non possono più bastare parole di sdegno: occorre agire, con responsabilità e severità. Gli incidenti mortali – tutti – si possono e si devono prevenire».
No, Presidente, non siamo d’accordo, né a Calenzano, né nelle fabbriche, nei campi, nei cantieri, in nessuno di questi posti accadono incidenti mortali che si dovrebbero prevenire. Perché non sono incidenti. Quando si parla di incidenti vien da pensare a qualcosa di inatteso, che insorge per caso, ed ha esito nefasto. Non è così. Morti e ferimenti tra lavoratrici e lavoratori sono messe in conto dal padrone, pubblico o privato, che non ha garantito il rispetto, qui si c’è il rispetto, anzi manca, di quanto indispensabile alla sicurezza sul lavoro. Non ci sono incidenti ma solo assassini, con un nome e cognome: per trovarli bisogna impiegare il metodo indicato da Giovanni Falcone per individuare i mafiosi. Seguire la pista dei soldi. Chi li ha intascati è il colpevole della morte di Luca sull’A14. Seguendo i soldi si trovano gli assassini che poi devono essere condannati e costretti a scontare una pena carceraria.
Senza incarcerazione degli assassini gli omicidi continueranno ad essere commessi, perché prevarrà il valore dei soldi (tanti) su quello (insignificante) attribuito dagli assassini alla vita di lavoratrici e lavoratori. Da chi siede nelle Istituzioni, fosse pure il Presidente della Repubblica, non possiamo accontentarci di poche parole, magari sentite e pure toccanti, una volta all’anno. Chi, sapendo che sta per compiersi un omicidio, non fa nulla per impedirlo, è corresponsabile della morte o del ferimento che ne consegue. Come Ravenna in Comune non vediamo perché si dovrebbe fare eccezione per gli omicidi compiuti in un luogo di lavoro. Tra pochi mesi si completerà un’altra consigliatura e torneremo a votare. Anche in questi ultimi cinque anni non verrà attuato il mandato che nel 2019 fu assegnato a chi amministra la Città: istituire un Osservatorio per la sicurezza e la legalità del lavoro. Eppure sarebbe un piccolo ma importante passo per seguire quella pista dei soldi sporchi del sangue di lavoratrici e lavoratori. La nostra promessa è di riportare il tema dell’Osservatorio, che abbiamo solo formalmente ottenuto nel 2019, all’attenzione di un Consiglio Comunale, sin qui distratto, dal giorno immediatamente successivo alle elezioni di primavera.
[nell’immagine: la carreggiata dell’A14 non era chiusa il 10 gennaio con il cantiere aperto ma è stata chiusa solo dopo l’assassinio del lavoratore]
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A14 incidente, tir esce di strada e invade cantiere autostradale: morto operaio al lavoro
Fonte: il Resto del Carlino del 10 gennaio 2025