Smettiamo di contar balle e di dichiarare che il futuro energetico del Paese è nelle rinnovabili, perché non ci crede più nessuno. Qualche esempio.
Uno ce lo fornisce la storiella dell’impegno di SAIPEM per un «nuovo modello di business adottato dall’azienda, sempre più protagonista della transizione energetica» come veniva dichiarato nel comunicato ufficiale diramato nell’agosto del 2020 subito dopo l’annuncio di un accordo con QINT’X per sviluppare l’eolico al largo di Ravenna. «Saipem ha da tempo avviato un percorso per il rafforzamento della propria presenza nel settore delle energie rinnovabili. In particolare, proprio attraverso la divisione XSIGHT, si sta definendo il nuovo ruolo dell’azienda come sviluppatore di parchi eolici offshore e il Memorandum of Understanding firmato con AGNES e QINT’X costituisce una nuova importante opportunità in questa direzione». In realtà il progetto, in commissione in Regione pochi giorni fa, non rientra tra gli investimenti finanziari di SAIPEM. Come ci spiegava qualche tempo fa Alberto Bernabini di QINT’X (CEO AGNES): «Nessuno ha mai detto che Saipem sia l’investitore finale». Il finanziamento del progetto AGNES è affidato al mercato. Ancora Bernabini: «La cosa più complessa non è trovare l’investitore, anche se si parla di 2 miliardi complessivi, ma è autorizzare il progetto (costa molti milioni il processo autorizzativo e va fatto da ingegneri molto preparati) e ad oggi in Italia chi li ha investiti li ha persi, perciò nessuno li vuole davvero rischiare. Quindi ci vuole molto rispetto per chi li mette a rischio in un progetto che vuole essere anche un bene per tutta la comunità, sia in termini di energia pulita che in termini di occupazione». Solo un anno fa SAIPEM registrava la chiusura del bilancio 2021 con perdite superiori al terzo del capitale sociale. Il Consiglio di Amministrazione parlava di «un significativo deterioramento dei margini economici». In Borsa il titolo aveva perso il 30%. Ravenna in Comune scriveva: «Per sopravvivere la società ha bisogno di essere urgentemente ricapitalizzata. In altri termini, il suo futuro è a rischio. La sua base ravennate, del resto, è già stata fortemente ridimensionata in questi anni». Dopo un semestre la vicenda era già profondamente cambiata e le azioni SAIPEM volavano in Borsa grazie al fatturato sensibilmente cresciuto assieme ai prezzi delle energie fossili. La stampa specializzata titolava: «La resurrezione di SAIPEM». Tutta dovuta alle trivelle. Anche ieri è bastato annunciare la firma di un paio di contratti per un valore di poco inferiore al milione di dollari per farne la regina delle borse. Si parla sempre di energie fossili, però, anche se almeno all’estero qualcosa viene fatto anche in campo eolico. Oltre a impianti di rigassificazione. Che sono le uniche iniziative che ora interessano da noi, come precisava pochi mesi fa l’amministratore delegato: «Se saremo richiesti potremo certamente costruire nuove unità di rigassificazione anche qui».
Un altro esempio ce lo dà SNAM. Giovedì è stato presentato il piano industriale fino al 2026. «L’AD Stefano Venier – che, grazie, al lungo passato trascorso come AD di HERA, conosce bene il comparto energetico ravennate – ha spiegato che dei 10 miliardi di investimenti previsti, ben 9 saranno destinati alle infrastrutture per il gas, tra gasdotti, stoccaggi e rigassificatori». Un miliardo, ossia solo un decimo degli investimenti, è formalmente inserito nel capitolo “transizione energetica” ma, di fatto, nulla è previsto per l’eolico e il fotovoltaico. Piuttosto vi farà la parte del leone quella “decarbonizzazione” che vede SNAM assieme ad ENI sviluppare i megaprogetti di captazione e stoccaggio della CO2. Del resto, nonostante sia controllata dallo Stato (oltre il 30% è di Cassa Depositi e Prestiti attraverso CDP Reti), il cuore di SNAM batte all’altezza del portafoglio. Quella che è una disastrosa congiuntura per l’economia delle famiglie italiane è risultata un vero affare per SNAM, che ha tutto l’interesse a concentrare i propri sforzi sul gas metano e sul deleterio progetto di fare dell’Italia e di Ravenna la porta di accesso alla rete europea del gas metano. Progetto che si scontra con l’esigenza urgente di spostare il peso della produzione energetica dalle fonti fossili a quelle rinnovabili per ragioni di pura sopravvivenza della nostra umana società: il cambiamento climatico non risparmia nessuno. Altre ragioni sono ovviamente economiche: la già avvenuta transizione alle rinnovabili avrebbe infatti messo in sicurezza il Paese dai costi alle stelle delle bollette. Costi che non si ridurranno a causa delle spaventose spese dovute all’impianto di rigassificatori (un miliardo solo quello ravennate), al superiore costo del gnl rispetto al gas immesso tramite metanodotto, al superiore costo di trasformazione e logistica dello stesso gnl. E poi ci sono i rischi letteralmente esplosivi rappresentanti dal gas e il loro esponenziale incremento che va di pari passo con l’implementazione dell’impiego del metano.
Infine ENI. Il cane a sei zampe non fa nemmeno più finta di interessarsi alle rinnovabili, tutto proteso com’è a massimizzare i risultati sotto l’aspetto dello sfruttamento delle energie fossili. Del resto è grazie a queste che ha toccato il cielo con un dito nei primi 9 mesi dello scorso anno: 10,81 miliardi di euro di utili; 8,2 miliardi in più rispetto ai primi nove mesi 2021! E presto si conosceranno i risultati, che si prospettano da record, per il completamento dell’anno. Si capisce dunque tutta la spinta di ENI verso quelle foglie di fico che consentono di continuare come nulla fosse a spremere tutto ciò che si può dai fossili. Un esempio si è avuto giovedì all’incontro organizzato presso il Propeller ravennate per magnificare la fallimentare tecnologia del CCS: captazione e stoccaggio della CO2. Presenti oltre a ENI e SNAM: Herambiente, Confindustria Romagna, Cgil, il Sindaco e l’immancabile consigliere regionale Gianni Bessi.
Tra qualche giorno verrà convocata a Ravenna una apposita seduta delle commissioni consiliari 1 e 8 per dibattere sulla sempre più probabile destinazione ravennate del rigassificatore di Piombino dopo i primi 3 anni. Sinceramente non è comprensibile perché partiti e liste che sostengono il primo rigassificatore o comunque non vi si oppongano, si allarmino invece per il solo secondo. Ravenna in Comune ribadisce la propria contrarietà a qualunque impianto di rigassificazione, all’implementazione del CCS, a nuove estrazioni di gas vicino alla costa e promuove invece l’urgente transizione alle rinnovabili. Come più volte fatto ribadiamo una posizione potenzialmente favorevole al progetto AGNES, ferma restando la doverosità di una sua valutazione a livello ambientale e paesaggistica in tempi ragionevoli e non biblici. Il futuro dei nostri figli non può essere scambiato con le trimestrali di ENI, SNAM e SAIPEM.
[nell’immagine: il nuovo metanodotto già in costruzione. Sarà raddoppiato con quello necessario al nuovo rigassificatore]
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Tanta Ravenna nel futuro di Snam
Snam lancia il piano green del gas
Fonte: Il Resto del Carlino del 20 gennaio 2023
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Con la scusa della guerra Snam riporta l’Italia sulla via del metano
Fonte: Domani del 20 gennaio 2023