Per chi non se ne fosse ancora accorto, la Sanità emiliano-romagnola è passata dal livello di eccellenza a quello di prossimità al commissariamento. Non ha impiegato poco, ovviamente, perché il livello di partenza, appunto, era molto alto. Il sistema pubblico regionale era preso a modello, giustamente, sia in Italia che all’Estero. Le pecche, pur presenti, le disorganizzazioni e gli sprechi, pur presenti, non intaccavano minimamente la capacità della nostra sanità di rispondere alle esigenze della cittadinanza e, anzi, di trovarsi meta di un “turismo” sanitario da parte di cittadini delle altre regioni. Quest’ultimo, c’è da dire, non è venuto meno, causa il deterioramento che continua a colpire le sanità regionali da cui i pazienti “turisti” provengono. È sul fronte delle “pecche” che il piatto della bilancia si è considerevolmente appesantito.
I servizi, infatti, sono peggiorati sia qualitativamente che rispetto alla quantità e ai tempi di erogazione. Al 6 dicembre scorso si contavano 1.166.816 prestazioni in lista di attesa in Regione, di cui quasi 400.000 (394.716 per la precisione) nella nostra AUSL. Mancano medici, infermieri e OSS. Nel bacino di Ravenna, in particolar modo, risultano carenti Pronto Soccorso e gastroscopie. Ma ognuno ha i suoi talloni di Achille (ad es. Forlì-Cesena con risonanze ed ecografie). A livello generale il top del ritardo lo conquistava la radiologia dell’Ausl Romagna, con 81.092 prenotazioni ancora da smaltire, seguita da oculistica, con 44.016.
Poi c’è il debito. I conti del 2021 sono stati chiusi con un buco da 800 milioni e non si sa dove trovare i soldi per l’anno in corso. Un buco profondo che rischia per la prima volta di portare al commissariamento la nostra regione.
Poi c’è l’organizzazione. Dal vertice sino agli altri livelli dirigenziali che sono gli unici a trovare incremento nella carenza di personale giornalmente denunciata. Il precedente assessore regionale era un sanitario. Veniva dalla direzione del Sant’Orsola. Venne radiato dall’albo, il 30 novembre 2018, per una delibera regionale che consentiva la presenza a bordo delle ambulanze dei soli infermieri specializzati. È finita in tribunale la vicenda prima di risolversi con la cancellazione della radiazione. L’attuale assessore non corre questo rischio: di lavoro, infatti, faceva il segretario PD di Bologna quando Bonaccini rivestiva lo stesso ruolo a livello regionale. Poi ha fatto l’assessore ai trasporti. Ed ora si occupa di salute. L’attuale direttrice generale dell’assessorato regionale, medico e manager con anni di esperienza, parla di “divario culturale incolmabile”. Di fatto ci troviamo con circolari emanate e poi dopo poco ritirate, come abbiamo dato recentemente conto, decisioni assunte e poi ribaltate, con ricadute evidenti sulla salute di chi in ospedale lavora e chi dell’ospedale ha bisogno in quanto paziente.
E poi c’è la prima causa del deterioramento, lo spazio lasciato al privato a spese del pubblico. Col risultato che il primo ha i bilanci in attivo a spese del secondo. L’estate scorsa il Sindaco di Ravenna dichiarava: «L’uscita dalla pandemia deve vedere una crescita significativa degli investimenti nell’ambito socio sanitario, ovviamente principalmente nella sanità pubblica, fronte sul quale siamo attualmente molto impegnati come Amministrazione, quanto nella sanità privata convenzionata, alla quale non possiamo che guardare con attenzione e in maniera costruttiva per integrare l’offerta di servizi nel nostro territorio». Insomma, la prospettiva per de Pascale è quella di reiterare nell’errore.
Ravenna in Comune ritiene che il ruolo del privato nella sanità pubblica e l’organizzazione di quest’ultima costituiscano i problemi e le cause di quanto sta accadendo. La responsabilità, nella nostra Regione, ricade principalmente sul PD, a livello politico, e sulle figure che questo partito ha designato nelle istituzioni e ai vertici della sanità. Sia a livello centrale che locale. I danni, invece, sono tutti a carico delle cittadine e dei cittadini. Non ci stancheremo di denunciarlo. Durante l’emergenza il Sindaco ha invitato a non strumentalizzare la pandemia per speculazioni politiche. Gli rispondemmo che rivendicavamo il diritto di chi non si riconosce nella maggioranza di centrosinistra a criticarne l’operato. Anche nella insufficiente gestione del Covid-19, allora, come adesso, evidente e sotto gli occhi di tutte e tutti.
[Nell’immagine: taglio del nastro da parte di chi da tempo sa solo fare quello]
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Fonte: Corriere di Bologna del 15 febbraio 2022
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